“State Trafficking”: le conseguenze degli accordi tra UE e Tunisia

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Un documento su cui vale la pena tornare in questo periodo, alla luce di quanto sta accadendo sul fronte della gestione esternalizzata dei flussi migratori tra Italia e Albania, è il report “State Trafficking”, presentato al Parlamento Europeo lo scorso 29 gennaio. Un rapporto passato purtroppo quasi inosservato, che analizza il fenomeno delle espulsioni e della vendita di migranti dalla Tunisia alla Libia e svela le implicazioni dell’Italia in questo processo.

Il gruppo di ricercatori e ricercatrici internazionali che hanno redatto il Rapporto ha scelto di restare anonimo per garantire la sicurezza e la possibilità di continuare a operare. Al progetto di ricerca hanno partecipato inoltre l’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI); Border Forensics: agenzia per la ricerca e l’indagine sulla violenza di confine perpetrata da Stati, forze di polizia, forze armate e cooperazione; On Borders: Laboratorio di ricerca e analisi su frontiere, margini e oltrepassamenti. 

L’evento di presentazione ha visto il supporto di alcuni europarlamentari italiani tra cui Cecilia Strada (S&D), Ilaria Salis (AVS), Leoluca Orlando (AVS). 

Il titolo “Tratta di Stato” fa riferimento alle responsabilità degli apparati dello Stato tunisino rispetto alle operazioni di tratta e di espulsione di esseri umani alla frontiera libica e l’interconnessione dell’infrastruttura dei respingimenti con l’industria dei sequestri nelle prigioni libiche.

L’obiettivo non è solo quello di denunciare i crimini di Stato ma anche quello di mettere in rilievo il ruolo del finanziamento europeo alle politiche di respingimento ed espulsione in Tunisia sottolineando le responsabilità dell’Unione e dei singoli Stati nell’esporre i migranti al rischio di morte e schiavitù, aprendo inoltre un dibattito sullo statuto di “paese sicuro” assegnato alla Tunisia, nonché sul suo ruolo di partner e beneficiario economico nella gestione della frontiera esterna dell’UE. 

Il Rapporto raccoglie trenta testimonianze di migranti africani, 22 uomini e 8 donne 

espulsi dalla Tunisia verso la Libia tra giugno 2023 e novembre 2024. Il rapporto esplora, attraverso i racconti delle vittime, le 5 fasi di una catena logistica che si è integrata e affinata, anche a causa degli accordi tra l’UE e la Tunisia. 

Tra i 27 Stati Membri, l’Italia svolge un ruolo chiave nel sostegno materiale e diplomatico alla Tunisia.  Dal 2017, l’Italia ha speso quasi 75 milioni di euro per il rafforzamento dell’apparato di controllo dei confini attraverso l’equipaggiamento e la formazione delle forze di sicurezza di frontiera tunisine, prima attraverso il cd. Fondo migrazioni, poi attraverso il Fondo di premialità per le politiche di rimpatrio.

Oltre al supporto diretto delle autorità tunisine, l’Italia svolge un ruolo fondamentale di mediazione con le istituzioni europee: le negoziazioni per arrivare alla firma del Memorandum tra UE e Tunisia sono state guidate dal governo italiano e hanno condotto al trasferimento da parte dell’Unione di 150 milioni di euro, di cui una parte sostanziale da impiegare nel rafforzamento della gestione delle frontiere e nella prevenzione delle partenze. 

“I governi europei sono complici delle violenze e delle torture inflitte a decine di migliaia di rifugiati e migranti in Tunisia. I governi europei non sono solamente consapevoli di quello che succede, ma contribuiscono attivamente apportando risorse per fermare le traversate e bloccare i migranti in Tunisia. […] Ecco, quindi io non vi sto dicendo nulla di nuovo, perché gli europei ne sanno più di noi.” 

Queste le parole di un testimone coinvolto nella tratta la cui identità non è stata rivelata nel Rapporto per ragioni di sicurezza.

L’aggravarsi delle violazioni dei diritti umani di migranti e rifugiati in Tunisia è soprattutto dovuta alla svolta autoritaria intrapresa dal Presidente Kais Saied, attraverso il controllo sulla magistratura, l’arresto dei dissidenti politici, la limitazione della libertà di espressione, di stampa e più in generale di organizzazione della società civile. 

Attraverso i resoconti delle vittime è stato possibile ricostruire cinque fasi che legano i respingimenti dalla Tunisia all’industria della detenzione e del sequestro in Libia: 1) Gli arresti; 2) Il trasporto verso la frontiera tunisino-libica; 3) Il ruolo dei campi di detenzione alla frontiera tunisina; 4) Il passaggio e la vendita a corpi armati libici; 5) La detenzione nelle prigioni libiche fino al pagamento del riscatto. 

E’ stato inoltre possibile mettere in luce le violazioni del diritto internazionale tra cui: 1) Crimini contro l’umanità; 2) Detenzione arbitraria; 3) Discriminazione razziale e incitazione all’odio razziale; 4) Respingimenti collettivi; 5) Riduzione in schiavitù; 6) Sparizioni forzate; 7) Tortura e trattamenti inumani e degradanti; 8)Tratta e violenza di genere

Un dato particolarmente interessante che è emerso dall’analisi delle testimonianze riguarda l’applicazione di criteri di racial profiling, cioè di monitoraggio su basi razziali: sono i neri di ogni nazionalità il bersaglio. Questa sistematica espulsione di africani provenienti dalle zone subsahariane, è sintomatica di una nuova politica esplicitamente resa nota in un discorso di Saied pronunciato il 21 febbraio del 2023 in cui denuncia un “piano criminale ordito all’alba di questo secolo per modificare la composizione demografica della Tunisia”, al fine di trasformarla in un Paese “solo africano” e offuscare il suo carattere “arabo-musulmano” e chiede dunque l’adozione di “misure urgenti” per interrompere l’arrivo di persone migranti e perseguire i crimini da queste commessi. 

Leggi il Report completo qui: Report “State Trafficking” IT

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