Da anni il Rapporto del Censis (Centro Studi Investimenti sociali) è atteso per l’approccio spesso originale nella lettura della complessa situazione sociale dell’Italia, da molti anche per l’uso di un linguaggio ad effetto per raccontare questo oggetto misterioso e sfuggente che è il Belpaese. Anche quest’anno, nella presentazione del 58° Rapporto la settimana scorsa, il linguaggio utilizzato rispetta la tradizione anche se forse ormai le parole non bastano più per fare prestare attenzione ai ripetuti allarmi lanciati negli anni.
Viene forse di qui la novità di un inserto a colori (pp.77- 84), che si aggiunge alle molte figure e tabelle in bianco e nero, per raccontare con numeri ed infografiche a colori quello che le parole rischiano di non dire abbastanza chiaramente. Vediamo allora qualcuna di queste infografiche, cominciando da quella di più complicata lettura sul disagio giovanile nell’Unione Europea che vede sul podio di chi sta peggio, Italia, Grecia e Romania e di chi sta meglio, Malta, Paesi bassi e Austria, con le relative evoluzioni tra il 2014 e il 2023: qualche miglioramento ma resta molto da fare.
Segue la ruota infernale del debito pubblico nell’UE: al centro la soglia del 60% sul prodotto interno lordo (PIL) con la Grecia al 164%, l’Italia al 135% e la Francia al 110%; a distanza siderale il Lussemburgo al 25%, la Bulgaria al 23% e l’Estonia al 20%. Vicine al valore di riferimento Slovacchia (56%), Croazia (61%) e, naturalmente, la Germania (63%). Percentuali che spiegano quanto sia in salita la futura unione fiscale europea e quanto sia già difficile far convergere le finanze pubbliche tra i Ventisette.
Più complessa la mappa mondiale del nuovo ordine economico mondiale tra l’area delle economie avanzate, con in testa di gran lunga gli Stati Uniti seguiti da Germania, Giappone e Francia con distanziata l’Italia e l’area dell’Asia emergente, con la Cina tallonata dall’India e l’Europa emergente che ospita nel grafico, non senza qualche sorpresa, con la Polonia, anche Russia e Turchia: quest’ultimo un raggruppamento che meriterebbe qualche spiegazione supplementare.
Purtroppo di grande attualità l’infografica sul ritorno della guerra con i conflitti armati nel mondo dal 1989 ad oggi che racconta di una impressionante costante di conflitti in Africa, perlopiù dimenticati; di quelli solo apparentemente a bassa intensità in Medio Oriente, ma con la guerra del Golfo negli anni ‘90 e l’esplosione ininterrotta di conflitti e massacri in Siria, nello Yemen e a Gaza (gli ultimi dati sono del 2023), mentre l’Asia registra uno sciame continuo di conflitti minori, guerra in Afghanistan a parte. E infine la “fortunata” Europa, funestata da “sole” due guerre: quella nella ex-Jugoslavia e quella della Russia all’Ucraina.
Ancora un cenno alle due ultime infografiche, quella sui flussi migratori internazionali e quella sugli scenari futuri.
Nella prima colpiscono in particolare le dimensioni dei flussi migratori, tra il 2013 e il 2023, in Africa e in Asia, tanto per il numero globale che per loro distribuzione all’interno dello stesso continente: su 120 milioni di migranti complessivi, 68 milioni si sono spostati all’interno dello stesso continente, confermando analoghe percentuali tradizionali nel tempo; a proporzioni invertite i movimenti migratori in America e in Europa, due poli di attrazione dei flussi.
Infine uno sguardo al futuro, nella speranza che ci sia: qui la crescita economica tra il 2020 e il 2075 mette in evidenza il potenziale di tre grandi Paesi, nell’ordine Stati Uniti, con Cina e India a pari merito, ma con due differenziali destinati a incidere sulla competizione: l’età mediana, attorno a 40 anni negli USA, a 50 in Cina e solo a 30 in India, che vede quest’ultima con un tasso di crescita in forte accelerazione, seguita a distanza da Cina e Stati Uniti.
Domanda finale: chi ci sarà fra 50 anni, che lingua dovrà saper parlare? E’ già ora di prepararsi.