Politica euromediterranea: bilancio e impegni modesti

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Il luogo, la data e le dimensioni del Vertice di Barcellona dei giorni scorsi mandavano segnali ambiziosi: nella città   catalana dieci anni fa, mentre si stava mettendo in moto il grande allargamento verso Est, aveva preso avvio il cosiddetto «processo di Barcellona» che avrebbe dovuto sviluppare un forte partenariato euro-mediterraneo e realizzare nel 2010 un’area di libero scambio tra le due sponde del Mediterraneo. Ad una valutazione dei progressi fatti e ad un rilancio dell’intesa erano attesi i massimi responsabili dei Venticinque Paesi dell’Unione europea e dei dieci Paesi della sponda sud del Mediterraneo.
Ma è da qui che le cose hanno cominciato a non girare per il verso giusto: tutti presenti i Capi di Stato e di governo dei Venticinque, ma solo due (Turchia e Palestina) quelli degli altri Paesi. Difficile attribuire una così massiccia assenza ad una qualche improvvisa forma influenzale: a parte il Presidente algerino che ha fatto valere presunti problemi di salute, tutti gli altri hanno mancato l’appuntamento di Barcellona o per ragioni di imbarazzo politico (Siria e Libano) o per significare all’Unione europea il loro malcontento sul bilancio di dieci anni di partenariato che ha prodotto molto poco. Se ne è avuta la riprova nella difficoltà   di raggiungere una qualche conclusione concreta sui temi all’ordine del giorno e l’incontro si è chiuso senza un’intesa di fondo ma solo con una vaga dichiarazione della Presidenza inglese dell’Unione, che al suo inconcludente semestre aggiunge anche questo fallimento, nell’attesa di incassarne un altro anche più grave a dicembre quando, salvo miracoli, non verranno adottate le prospettive finanziarie 2007-2013.
Solo maldestro quel Presidente Blair che,nel luglio scorso, intervenendo al Parlamento europeo aveva fatto sognare molti sul rilancio dell’Unione, senza tuttavia illudere tutti? Sarà   pur vero che a pensar male si fa peccato, ma puಠanche capitare che si indovini: e se fosse che non dispiace più di tanto oltre-Manica che l’Europa – quella politica, in particolare – ristagni, visto che quello che conta è il funzionamento del mercato e la competizione internazionale?
Ma restiamo sul Vertice di Barcellona: dei molti temi all’ordine del giorno due sono naufragati clamorosamente e uno si è salvato per il rotto della cuffia. A parte la rituale condanna, nessuna intesa sostanziale si è trovata sulla lotta al terrorismo, a cominciare dal fatto che non c’è stato accordo su che cosa si debba intendere con terrorismo, con i Paesi arabi che insistono per non estenderne il significato alla resistenza armata contro chi indebitamente occupa il territorio nazionale. Nà© è andata meglio -anche perchà© i due temi hanno qualche collegamento – con l’atteggiamento da adottare sulla questione medio-orientale e il conflitto israelo-palestinese. Si conferma così ulteriormente l’irrilevanza della posizione europea in una vicenda drammatica che si trascina da anni ai suoi confini, lasciando quasi per intero il campo al ruolo degli USA nell’area. Appena un po’ meglio è andata sul tema dell’immigrazione dove sono stati riconfermati gli orientamenti in materia di migrazioni legali, lotta contro l’immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani. Non molto per la verità   se si ha a mente l’urgenza e la drammaticità   di quanto accaduto e continua ad accadere nelle acque del Mediterraneo.
A completare il quadro delle tensioni che sicuramente a Barcellona non sono mancate, l’insistenza dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo ad ottenere un chiarimento sulla specificità  , per non dire sulla priorità  , del processo di Barcellona rispetto alla politica di vicinanza che l’Unione europea ha promosso e cerca di sviluppare ai suoi confini orientali, dove è difficile negare che la situazione si sia fatta complessa. L’Unione ha infatti in cantiere dinamiche di adesione con negoziati in corso (Turchia e Croazia), di pre-adesione (Paesi balcanici), il partenariato euromediterraneo e la politica di vicinanza con Paesi nell’Est post-sovietico. Comprensibile che i diversi interessati ci vogliano veder chiaro, meno accettabile che gli uni cerchino di prevalere a spese degli altri. E ancor meno accettabile se a farlo sono Paesi dalla democrazia ancora dubbia e poco convincenti nell’esercizio dei diritti.. E tuttavia questo non esime l’Unione europea dal chiarire la sua strategia di allargamento e di cooperazione non solo ai Paesi interessati, ma anche ai suoi cittadini pericolosamente all’oscuro di molte di queste dinamiche essenziali per la loro vita di domani .

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