Per non dimenticare lo Yemen

1025

In questa estate distratta dal caldo e dalle vacanze, continuano ai confini meridionali del Mediterraneo guerre e conflitti, sbarchi di rifugiati e richiedenti asilo sulle coste dell’Italia, mentre in Europa si consumano inopportune rivalità diplomatiche, in particolare per quanto riguarda la Libia e silenzi su eventuali atteggiamenti di solidarietà fra Stati membri nei confronti del ricollocamento dei migranti.

In Siria, la guerra continua ormai da sei anni, concentrandosi in particolare su Raqqa, mentre l’Iraq sembra aver ripreso Mossul all’ISIS, pagando un prezzo enorme in termini di tragedie umane e distruzioni. A Gerusalemme, sulla Spianata delle Moschee, è tornato di nuovo sotto i riflettori il conflitto israelo- palestinese, sempre più lontano da una prospettiva di pace e sempre più vicino ad una nuova fiammata di incontrollabili violenze e di una nuova Intifada.

In questo scenario mediorientale in macerie, in cui si affrontano importanti attori regionali e internazionali, la tragedia che colpisce lo Yemen è, quasi inspiegabilmente, spesso assente dall’attualità mediatica e ignorata dai grandi mezzi di comunicazione.

Eppure, in quel Paese di 27 milioni di abitanti, situato in una posizione strategica sullo Stretto di Bab el Mandeb, che unisce il Mar Rosso al Golfo di Aden e attraverso il quale transitano le petroliere dirette verso l’Europa, si sta consumando da tre anni a questa parte una guerra altrettanto sanguinosa e violenta di quella siriana. Parlarne e documentarne la tragicità è impresa difficile per i giornalisti, esclusi dal teatro di guerra o controllati da molto vicino dai Paesi della regione coinvolti nel conflitto, Arabia Saudita e Iran, in particolare.

Le cifre di questo conflitto sono impressionanti: circa 10.000 morti, di cui più della metà sono civili, bombardamenti che non risparmiano scuole e ospedali, epidemie di colera che stanno decimando la popolazione, già vittima di una crisi umanitaria di allarmanti proporzioni e che coinvolge circa 17 milioni di persone. Tale tragedia tuttavia non è causata solo dalla guerra ma anche dal blocco aereo e navale imposto, a partire dal 2015, dalle forze di coalizione guidate dall’Arabia Saudita, generando in tal modo ulteriore violenza nel Paese, mancanza di carburante e difficoltà nella distribuzione di generi alimentari.

Dopo tre anni di conflitto, lo Yemen è diviso in due: a Nord un Governo con sede a Sanaa, composto da rappresentanti dei ribelli Houthi e dai fedeli dell’ex Presidente Ali Abdallah Saleh e a Sud un altro Governo, con sede ad Aden, riconosciuto dalla comunità internazionale e da una coalizione di Paesi guidata dall’Arabia Saudita. Uno scenario non nuovo nella regione, se si considera anche il potere di vari clan e tribù nell’insieme del Paese e la ormai consolidata presenza dello Stato islamico.

Ed è all’incrocio di queste due realtà che si gioca il conflitto in corso nello Yemen, il quale, a partire dalla frattura religiosa fra sciiti (i ribelli Houti) e sunniti (in particolare salafiti) si affrontano, in seconda linea, anche le principali potenze regionali, Iran e Arabia Saudita in testa. Non solo, nella coalizione guidata dall’Arabia Saudita, si muovono anche altri Paesi arabi della regione, fra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, il Marocco e, al di fuori di questa area, gli Stati Uniti.

Il Paese, dopo tre anni di conflitto, è sull’orlo del collasso. Va tuttavia ricordata qui la recente risoluzione del Parlamento europeo adottata nel mese di giugno scorso. Per la terza volta in tre anni, il Parlamento tira il campanello d’allarme sulla situazione in Yemen e ribadisce la richiesta all’Alta Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, “ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”.

Sarebbe per l’Unione Europea una decisione coraggiosa e un’occasione da non perdere per contribuire alla soluzione di un conflitto tanto violento quanto ignorato dalla comunità internazionale.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here