Nuove tensioni a sud dell’Europa

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Non c’è pace in Medio Oriente e le ultime turbolenze provenienti dal Qatar e dall’Iran lasciano presagire giorni di ulteriori tensioni in un’area già fortemente provata da guerre e conflitti.

Il 6 giugno scorso, l’Arabia saudita e altri Paesi arabi, fra cui Egitto, Emirati Arabi Uniti, Barhein e Yemen hanno deciso di interrompere le rispettive relazioni diplomatiche con il Qatar, di isolarlo con la chiusura delle frontiere e di imporre un embargo economico. Una decisione tutta interna al mondo sunnita, che invoca, come motivazione ufficiale, i rapporti che il Qatar mantiene con gruppi estremisti e jihadisti, con il terrorismo. Sono accuse che sorprendono soprattutto se formulate dall’Arabia saudita, Paese che non puo’ certo ritenersi totalmente innocente per gli ambigui e pericolosi rapporti che ha intrattenuto e continua ad intrattenere con il terrorismo internazionale.

Le motivazioni di questa decisione, a dire il vero già su sfondo di crisi fin dal 2014, vanno evidentemente cercate altrove, soprattutto laddove si gioca la partita dell’egemonia regionale, alla frontiera fra potenze sunnite e sciite. Il Qatar, piccolo Paese sunnita di poco più di 2,5 milioni di abitanti, ha il grande torto, agli occhi degli altri Paesi, di aver sempre difeso la sua indipendenza in materia di politica estera nei confronti delle posizioni dettate dalla coalizione del Golfo a guida saudita.

Tale indipendenza si traduce con il rapporto che il Qatar intrattiene, in particolare, con l’Iran, potenza sciita e grande avversario storico della stessa Arabia saudita per l’egemonia regionale. Doha, infatti, non condivide l’approccio di Ryad, fortemente sostenuto da Donald Trump in occasione della sua recente visita in Medio Oriente, volto a considerare e condannare l’Iran come principale fomentatore del terrorismo, nonché Paese da isolare sulla scena mediorientale e internazionale. Doha legge il percorso politico di Teheran sotto una luce diversa, soprattutto a partire dall’accordo firmato sul nucleare iraniano e sulla rielezione, in modo democratico e da parte di una popolazione desiderosa di stabilità e di apertura, del Presidente Rohani. Inoltre, non va dimenticato che il Qatar condivide con l’Iran, nel Golfo Persico, il grande sito petrolifero South Pars, che racchiude ingenti quantità di petrolio e di gas naturale.

Non solo, ma altre prese di posizione contrastanti con la politica saudita, in particolare quelle relative al sostegno all’ex Presidente Morsi in Egitto, e quindi alla Fratellanza musulmana, o a quelle in favore del movimento palestinese di Hamas, sia da un punto di vista politico che economico, non hanno fatto altro che intorbidire i rapporti del piccolo Emirato con il resto dei Paesi del Golfo, rapporti giunti ora ad una problematica rottura.

E proprio mentre il fronte arabo sunnita contro il terrorismo, riunito e incoraggiato a gran voce dal Presidente Trump, isola un pezzo significativo della sua alleanza, Teheran è vittima di due attacchi terroristici, rivendicati dallo Stato islamico. E’ un duro colpo per il Paese e per il Presidente rieletto, ora in maggiori difficoltà per perseguire e concretizzare quelle riforme interne che dovrebbero portare ad una maggiore stabilità politica, economica e sociale.

Questa inquietante coincidenza di avvenimenti non fa altro che aumentare l’instabilità nella regione, e non a caso Russia, Turchia, Francia, Stati Uniti e lo stesso Iran lanciano segnali di distensione nei confronti dei Paesi del Golfo, affinché questa crisi non degeneri in un conflitto dalle conseguenze disastrose, per la regione e per l’Europa.

L’immagine utilizzata proviene da: http://www.limesonline.com/lobiettivo-di-sauditi-ed-emiratini-contro-il-qatar/99293

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