L’Italia vista da fuori

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La crisi politica italiana non merita certo l’attenzione che è stata e sarà dedicata alla successione di Donald Trump, ma non è nemmeno sfuggita ai commenti della stampa straniera, ancora una volta attonita, se non sconcertata, dalla decisione di Matteo Renzi di ritirare la micro-delegazione (due ministre e un sotto-segretario) di Italia viva, innescando una crisi nel governo guidato da Giuseppe Conte.

Accade spesso che gli sguardi degli osservatori stranieri forniscano letture meno acrobatiche di quelle dei media nazionali, magari semplificando troppo, ma spesso centrando il bersaglio del significato essenziale di vicende politiche complesse, al limite dell’incomprensibile, come quelle italiane.

Il termine “demolitore” per Renzi ritorna esplicitamente o  con trasparenti giri di parole in riferimento alla fragilità e frammentazione della politica italiana, tanto più grave in un periodo di drammatica pandemia e con la prospettiva di una pesante recessione economica e di un’inquietante caduta dell’occupazione.

Ha particolarmente attirato l’attenzione dei commentatori stranieri il tema dell’esercizio della democrazia, uno dei cavalli di battaglia di Renzi nei confronti di Conte, accusato di una gestione disinvolta del potere e questo nonostante la sua debolezza politica, privo com’è di un suo partito.

Un argomento questo che porta con sé un’analisi impietosa del paesaggio politico italiano, con coalizioni di governo fragili e opposizioni non così coese come queste pretenderebbero, al punto di finire per considerare che la relativa forza di Conte risieda nella sua debolezza e nel suo profilo di “avvocato prestato alla politica”, di cui questa non sembra più in grado di disfarsi.

Particolarmente inquieta si è mostrata la stampa europea, preoccupata della sorte del Recovery Fund italiano e il suo impatto sulle politiche europee che potrebbero pagare caro lo strappo italiano e mettere in difficoltà l’UE, una prospettiva ghiotta per quanti, Paesi “frugali” e Germania in testa, volessero cogliere l’occasione per riproporre le critiche all’eccessiva generosità delle risorse del bilancio europeo, destinate a un Paese largamente percepito come inaffidabile.

Non è senza curiosità e preoccupazione che all’estero si sta seguendo l’evoluzione della crisi italiana, qualcuno assimilandola alla “commedia dell’arte”, altri a un gioco pericoloso che potrebbe in ogni momento sfuggire al controllo dei suoi protagonisti e, alla fine, mettere in difficoltà la stessa Unione Europea.

Resta intanto largamente condivisa l’importanza e la qualità politica del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al quale si guarda con fiducia ed apprensione per sciogliere il nodo aggrovigliato che si è venuto a creare e per il quale la “moral suasion” del Capo dello Stato potrebbe non bastare. Questo rischio lo registrano in particolare quanti non esitano a parlare di “follia” e “disperazione” a proposito dello strappo di Renzi nel tessuto politico italiano, responsabile non da oggi di lacerazioni che saranno pagate care dall’Italia e dalla sua economia. E questo proprio nell’anno in cui tocca all’Italia guidare il G20 dei Paesi più industrializzati e mentre l’Unione Europea è alle prese con un delicato riposizionamento strategico tra l’alleato americano, candidato a tornare amico dopo l’irruzione ostile di Trump, e l’avversario cinese impegnato a sedurre l’Europa come un “amico” di cui diffidare.

Che nel suo complesso l’Italia non ne venga fuori bene da questa “folle” crisi è convinzione largamente diffusa, temperata solo dal mito del “laboratorio politico italiano” dal quale potrebbero però fuoruscire virus velenosi anche nel resto dell’Unione Europea.

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