Libia, punto di arrivo e di partenza per i migranti

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Mentre il mondo si interroga sulla tenuta della tregua senza pace fra Hamas e Israele e aspetta con grande timore  l’incontro previsto a Budapest fra Putin e Trump per discutere della guerra in Ucraina, altre tragedie si consumano alle porte d’Europa senza che la nostra attenzione si soffermi per prenderne atto. 

E’ infatti a pochi chilometri di mare, sull’altra sponda del Mediterraneo, in Libia, che i riflettori rivelano quanto il paese, legato all’Unione Europea, e all’Italia in particolare, da cooperazioni sulla gestione dei flussi migratori, sia in realtà luogo di tanti traffici illeciti, di violenze e di non rispetto dei diritti umani nei confronti dei migranti.

A partire dal 2016 infatti, l’Unione Europea ha contrastato la migrazione illegale e l’arrivo dei migranti sul territorio europeo attraverso accordi con i principali Paesi di partenza affinché impediscano ai migranti e ai richiedenti asilo di raggiungere le coste europee, conferendo a questi Paesi la responsabilità del controllo delle frontiere meridionali dell’Unione. Accordi del genere sono stati firmati con la Turchia, con la Mauritania, con la Tunisia o con il Marocco, Paesi che non vanno per il sottile sul rispetto del diritto internazionale al riguardo. 

E’ tuttavia  soprattutto l’accordo con la Libia del 2017 che desta la maggiore preoccupazione per la presenza di trafficanti di esseri umani e di milizie armate che controllano le rotte migratorie. E’ inoltre da tempo che Amnesty International e Human Rights Watch denunciano le gravi violazioni dei diritti dei migranti non solo in mare ma anche nei luoghi di detenzione in Libia, dove le torture, gli stupri, il lavoro forzato e altre sofferenze sono all’ordine del giorno. 

Ma tant’è, sia l’Unione Europea che l’Italia non rinunciano a questi sciagurati accordi. Per quanto riguarda l’Unione, solleva molti interrogativi  l’incontro a Bruxelles di alcuni giorni fa, fra la Commissione europea e rappresentanti di una Libia divisa in due, in lunga transizione politica e soprattutto in instancabile lotta fra Ovest ed Est del Paese. Ad Ovest il Governo del Primo Ministro Dbeibah, con capitale Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale e dall’ONU,  ad Est la Cirenaica, il Governo del Generale Khalifa Haftar, con sede a Tobruk, non riconosciuto dalla stessa comunità internazionale, molto vicino alla Russia e con peso crescente nelle relazioni internazionali.

Iniziati a Varsavia con i rappresentanti di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e proseguiti a Bruxelles, i negoziati fra europei e i rappresentanti dei due governi libici vertevano in particolare sull’immigrazione irregolare, sulla sicurezza marittima e la cooperazione tecnica. Tutti temi alla base dell’attuale cooperazione e sostegno finanziario dell’UE alla guardia costiera libica. 

Il fatto che l’Unione Europea non si faccia più scrupoli nel tessere rapporti anche con i rappresentanti dell’Est libico e con il Generale Haftar, rivela un approccio oltremodo pragmatico sui temi della gestione dei flussi migratori, a scapito dei propri valori e della difesa dei diritti fondamentali e chiudendo completamente gli occhi di fronte ad una politica di accoglienza e certamente più lungimirante di quella affidata nelle mani della Libia di oggi.

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