La Giornata mondiale della libertà di stampa, celebrata ogni 3 maggio su iniziativa dell’UNESCO, rappresenta un’occasione fondamentale per ribadire l’importanza di un giornalismo libero, pluralista e indipendente come pilastro della democrazia. L’edizione 2025 si è focalizzata in particolare sulla vulnerabilità economica dei media, evidenziando come le sfide finanziarie, la precarizzazione del lavoro giornalistico e la concentrazione proprietaria minaccino seriamente l’autonomia editoriale e la qualità dell’informazione.
Il World Press Freedom Index 2025 di Reporters Sans Frontières (RSF) denuncia un ulteriore peggioramento della libertà di stampa a livello globale. L’indice, che valuta 180 Paesi secondo cinque indicatori (contesto politico, giuridico, economico, socioculturale e sicurezza), rivela come l’indipendenza economica dei media sia oggi la minaccia principale alla libertà di informazione. Per la prima volta, il quadro globale è definito come “difficile”, con solo 42 Paesi su 180 che sono classificati come situazione “buona” o “soddisfacente”, mentre il 50% rientra nelle categorie “difficile” o “molto grave” (l’Italia rientra, invece, nella fascia di mezzo come “preoccupante”). Il crollo del modello economico dei media è un dato centrale del rapporto: l’accentramento delle entrate pubblicitarie nelle mani di grandi piattaforme digitali, come Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft, ha svuotato le casse delle redazioni, riducendo la loro capacità di operare in modo indipendente. Questo fenomeno ha generato un aumento dei cosiddetti “deserti informativi” e ha aperto la strada a un’informazione influenzata da interessi privati e politici, incrementando i fenomeni di disinformazione.
A livello politico, il rapporto segnala gravi pressioni in Paesi come gli Stati Uniti (57° posto), dove l’ostilità verso i media è tornata a crescere; la Russia (171°), dove il controllo statale è assoluto; l’Argentina (87°), dove il Presidente Milei ha stigmatizzato i giornalisti e smantellato i canali d’informazione pubblici. Decisamente critica è la situazione in Palestina, dove circa 200 giornalisti sono stati uccisi dall’esercito israeliano in un anno e mezzo, rendendola uno dei contesti più pericolosi al mondo per l’informazione. La classifica 2025 vede al primo posto la Norvegia (unico Paese ad avere tutti e cinque gli indicatori classificati come “buoni”), seguita a ruota da Estonia, Paesi Bassi e Svezia, mentre l’Italia scende alla 49a piazza. Fanalino di coda l’Eritrea, preceduta, in ordine, da Corea del Nord e Cina, confermando la sistematicità delle violazioni nei regimi autoritari.
Il rapporto conclude che, senza un’effettiva indipendenza economica e una vera protezione giuridica, il giornalismo libero e pluralista non può sopravvivere. La crescente fragilità economica dei media rappresenta una minaccia esistenziale per la democrazia, perché colpisce alla radice il diritto dei cittadini a un’informazione indipendente, verificata e responsabile. In questo contesto, il ruolo delle istituzioni internazionali – dall’UE al Consiglio d’Europa – resta cruciale per definire standard vincolanti e fornire protezione legale e finanziari a chi opera nell’informazione indipendente.
Per maggiori informazioni: il rapporto di Reporters Sans Frontières