A voler mettere in fila tutti i focolai che alimentano il disordine mondiale ne risulterebbe una lista sicuramente non corta e, purtroppo, in costante espansione. Si va dall’instabilità politica di molti Paesi alle crescenti disuguaglianze sociali, dalla fragilità di molte economie all’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo fino alla moltiplicazione di conflitti armati, molti dei quali segnati dall’esplosione di attentati terroristici.
Sembrano lontani anni luce i tempi in cui si sperava e progettava un “nuovo ordine mondiale” quando, all’indomani della “guerra fredda” e degli “equilibri del terrore”, garantiti da smisurati arsenali nucleari in grado di distruggere il pianeta, si apriva una stagione di ampliamento delle democrazie nel mondo e la prospettiva di una possibile pace universale, al punto che qualcuno parlò di “fine della storia” e del trionfo finale del capitalismo.
Correvano gli anni ’90 e l’Europa era al centro di queste speranze: era caduto il Muro di Berlino, la Germania si era finalmente riunificata e molti Paesi dell’Europa centrale e orientale avevano ritrovato la loro indipendenza e con essa il ritorno alla vita democratica e al libero mercato. Fu allora che prese forma un più ambizioso progetto di integrazione europea: dopo la realizzazione, quasi completa, del mercato unico nel 1992, fu la volta, in quello stesso anno, del Trattato di Maastricht con l’avvio del processo verso la moneta unica e l’instaurazione della cittadinanza europea e cominciarono i preparativi per il grande allargamento a Est che si sarebbe realizzato nel 2004 e poi negli anni successivi.
Durò tuttavia soltanto un decennio la stagione delle speranze, bruscamente interrotta nel 2001 dagli attentati alle Torri gemelle di New York, seguiti da quelli di Madrid nel 2004 e di Londra nel 2005 per poi entrare nella turbolenza di una crisi, prima finanziaria e poi economica e sociale, a partire dal 2008. A contribuire poi a tarpare ulteriormente le ali a un’Unione Europea, che già stentava a decollare, arrivò la doccia fredda dei due referendum, francese e olandese, che nel 2015 bloccarono il progetto di Costituzione europea.
Inerme, o quasi, di fronte a queste sfide cui non era preparata, l’UE sprofondò nella gestione corrente, persino al di sotto di quanto le avrebbe consentito l’entrata in vigore, a fine 2009, del Trattato di Lisbona che riprendeva in parte le ambizioni del defunto progetto di Costituzione europea, ricco di buoni propositi ma inadeguato sui nuovi fronti caldi dell’economia (la Grecia è tutt’altro che guarita e anche la Finlandia non sta tanto bene), della politica estera e di sicurezza e delle politiche migratorie.
In queste condizioni oggi vive – o vegeta come può – l’Unione Europea, alla quale i Trattati assegnavano l’obiettivo di perseguire una “unione sempre più stretta”, un traguardo ancora lontano che ora la Gran Bretagna vorrebbe cancellare, minacciando in caso contrario di lasciare l’UE in occasione dell’imminente referendum voluto da David Cameron.
E mentre la Manica continua ad allargarsi, due altri Paesi importanti per l’UE e la sua storia, Francia e Germania, vivono al proprio interno congiunture politiche difficili, che finiranno per riversarsi sulla già precaria salute dell’Europa. L’esito del voto amministrativo francese, se confermato dai ballottaggi, avrà un impatto pesante sulle elezioni presidenziali del 2017, consegnando il Paese a forze politiche ostili o tiepide di fronte al processo di integrazione europea e alle già deboli politiche di solidarietà e di coesione nell’UE. Un rischio che potrebbe correre anche la Germania con le elezioni regionali del 2016 e quelle per la Cancelleria nel 2017, con la prospettiva scoraggiare ulteriormente i politici tedeschi dall’accelerare sulla strada verso l’integrazione politica, almeno parziale, dell’Europa.
E poco può fare per rianimare l’Europa l’Italia, in preda anch’essa alla crescita di populismi e pulsioni euroscettiche cui daranno fiato le vicende politiche francesi e tedesche e le turbolenze in provenienza da oltre Manica. Per chi sogna “più Europa” è il momento di allacciare le cinture e sperare che passi la nottata.