Lettera a Vladimir Putin

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Signor Presidente Putin,

Sono una cittadina europea e vorrei, in questo turbolento fine anno 2017, condividere con Lei i miei inquieti pensieri sul futuro che ci aspetta e sull’anno che verrà. Per Lei e per il Suo Paese il 2018 sarà un anno particolare, in cui, molto probabilmente, le elezioni di marzo Le conferiranno un quarto mandato presidenziale, carica che La porterà a guidare la Russia fino al 2024. Significa soprattutto che i prossimi sei anni saranno segnati dalla continuità e dal consolidamento della Sua  politica interna, dalla creazione di un sistema di potere forte e stabile che possa pilotare il Paese dopo la Sua partenza  e dal rafforzamento del ruolo della Russia sulla scena internazionale.

Sono sfide che Lei conosce bene, che Lei stessa ha lanciato, in parte, fin dal Suo primo mandato presidenziale e le cui ricadute vanno ben oltre i confini del Suo Paese.

Avendo a cuore la pace nel mondo, la democrazia e il rispetto dei diritti dell’uomo, i miei interrogativi ruotano tutti intorno a questi valori e temi.  Siamo dei vicini di casa, ci divide una frontiera, ahimé, molto problematica, sulla quale corrono tuttora tutte le tensioni e le diffidenze mai smaltite di una guerra fredda durata settant’anni e tanti risentimenti per il crollo di un Impero. Intorno a quella frontiera si affrontano due visioni del futuro e si intrecciano sogni  di ritorno al passato, con sogni di un futuro condiviso con l’Europa.

Presidente Putin, con la Sua presenza e con la Sua politica al riguardo,  come immagina, fra sei anni, quando Lei se ne andrà, quella frontiera con l’Europa ? Oggi si ha il forte sospetto che la Sua politica, nei nostri confronti, sia orientata verso una  strategia di indebolimento della nostra Unione Europea. In un mondo sempre più globale, dove le frontiere nascono, oggi,  solo per assumere il ruolo assurdo di muri, di separazione violenta, di divieto, non pensa che le nostre relazioni potrebbero invece avere effetti storici considerevoli se basati sulla maturità politica del dialogo e sul reciproco scambio delle grandi ricchezze umane e intellettuali dei nostri Paesi ?

Vorrei infatti sottolineare qui proprio quella grande ricchezza storica, artistica, letteraria del Suo Paese che affascina, da generazioni, il mondo intero. Ma rimane, ancor oggi, una ricchezza fortemente imbrigliata, frenata nei suoi desideri di libertà di parola,  bloccata nel suo tentativo di provare a percorrere la strada della democrazia e dei diritti. La mia domanda, in questa Sua quarta vigilia di campagna elettorale è proprio questa : ma Lei, Presidente, è proprio convinto di non aver altre strade oltre a quella di voler essere solo al comando del Suo Paese ?  Mi rendo tuttavia perfettamente conto della fragilità e dell’ingenuità della mia domanda di fronte agli enormi interessi che si agitano sulle sedie del potere al Cremlino, ma non mi rassegno all’idea che un cosi’ grande Paese abbia timore a dare voce alla propria gente.

Infine, la Russia è presente in Medio Oriente, in un intricato teatro di guerra in cui si incrociano tutti i conflitti e tutte le opposizioni etniche e religiose. Pochi giorni fa Lei ha fatto capire che la guerra in Siria sta per finire e che ora l’obiettivo è essenzialmente l’avvio di negoziati di pace. La domanda si ferma di fronte all’abisso che questa guerra ha creato : un Paese distrutto, centinaia di migliaia di vittime, la metà della popolazione rifugiata fuori dal Paese, un dittatore rimasto al potere, Istituzioni distrutte. Ma quale sarà il prezzo di questa pace e quale strategia sarà mai necessaria per ridare vita, nella giustizia, ad un popolo cosi martoriato ?

Signor Presidente, Le rivolgo queste importanti domande perché riconosco il ruolo che sta avendo la Russia sulla scena internazionale, ruolo reso possibile anche dal venir meno della presenza di altri attori, fra i quali anche la mia Europa.

Sperando sempre nella pace e nella giustizia, Le auguro, Signor Presidente, un buon anno 2018.

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