L’agghiacciante strategia di Trump per il futuro del mondo

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Non è giunto all’improvviso e non ha stupito più di tanto, il recente documento sulla sicurezza e la difesa nazionale degli Stati Uniti, presentato venerdì 5 dicembre dall’Amministrazione Trump, primo documento del genere del secondo mandato del Presidente.

Segnali evidenti si sono infatti susseguiti durante tutto questo primo anno trumpiano, dove orientamenti e decisioni sul piano geopolitico, strategico ed economico lasciavano chiaramente presagire una strategia per il futuro degli Stati Uniti e del mondo dichiaratamente basata sull’”America first” e nel contesto di un dominio dell’emisfero occidentale. Si tratta infatti di una specie di manifesto politico della dottrina MAGA “Make America Great Again” ma si tratta soprattutto di una strategia che segna una rottura storica con l’ordine mondiale scaturito nel 1945, oggi già in avanzata trasformazione e frammentazione.

Il documento contiene infatti una relativamente breve lista di priorità che fa essenzialmente riferimento al controllo delle frontiere e la lotta alle migrazioni, al reperimento di risorse strategiche e alla predazione economica. Nessun riferimento alle relazioni multilaterali e alle Istituzioni internazionali, nessun riferimento al clima, quanto mai disastroso per le esportazioni di idrocarburi americani e dall’evidente impatto sulle migrazioni, nessun riferimento a cooperazioni o dialoghi costruttivi con i Paesi del mondo, salvo intervenire con l’uso della forza se le loro attività minacciano direttamente gli interessi americani. Tutto sembra rispondere a concetti di estorsione, rapporti di forza e esigenze di allineamento sulle politiche americane.

La strategia prende soprattutto in considerazione alcune aree di interesse, Asia, America Latina, Russia e Medio Oriente, infliggendo invece all’Europa un buio disinteresse carico di disprezzo, di consigli nazionalisti e sovranisti e di previsioni sulla sua inevitabile estinzione culturale a medio termine.

Per quanto riguarda l’Asia, il continente è considerato attraverso la lente puntata sulla Cina, primo concorrente economico degli Stati Uniti e considerato “uno dei principali campi di battaglia economici e geopolitici dei prossimi decenni”. La strategia consiste nel riequilibrio del rapporto economico per ripristinare l’indipendenza economica americana, ricordando inoltre che un terzo del commercio marittimo mondiale passa attraverso il Mar Cinese meridionale. La priorità strategica è quella di “dissuadere un conflitto a Taiwan, idealmente mantenendo una superiorità militare schiacciante(…)” e invitando gli alleati regionali, in particolare Giappone e Corea del Sud, ad impegnarsi maggiormente per la difesa collettiva nei confronti di eventuali aggressioni della Cina.

Sulla Russia, impegnata a colpire senza sosta l’Ucraina in  un momento in cui sono in corso “negoziati di pace”, il documento di strategia indica, anche agli occhi di Mosca, un cambio radicale rispetto alle amministrazioni precedenti, proiettando le nuove relazioni fra i due Paesi su un piano di fiducia, di cooperazione e di stabilità strategica. Una prospettiva che lascia alquanto dubbiosi sul negoziato per una pace sostenibile e giusta alla guerra in corso, rivelando allo stesso tempo le inquietanti prospettive delle relazioni internazionali sul versante, in particolare, della democrazia, dello stato di diritto e del multilateralismo.

Per quanto riguarda l’America latina, la strategia di Trump punta a ripristinare la sua presenza e potenza nel suo “cortile di casa”, una politica di cui abbiamo già avuto tangibili segnali durante l’anno in corso. 

Ed infine, per quanto riguarda il Medio Oriente, sembra finita l’epoca in cui era al centro della politica estera americana. La nuova strategia considera la regione ormai meno decisiva tenuto conto della produzione americana di energia e degli accordi tra Israele e le monarchie del Golfo. La questione palestinese è lasciata a sé stessa, considerata in fase di normalizzazione grazie ad un cessate il fuoco a Gaza.  Tutte le fratture politiche della regione e il non futuro della Palestina continueranno, agli occhi di Washington, a sopravvivere e a tenere la regione ai bordi del precipizio.

Ecco il mondo visto con la lente degli Stati Uniti, un mondo che ancora non c’è, ma che si teme possa esistere in un prossimo futuro. 

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