E’ stata di recente presentata una proposta di riforma del sistema comune di asilo politico da parte della Commissione europea. Sebbene il principio cardine che stabilisce l’obbligo per il/la richiedente di presentare domanda nello Stato di primo ingresso rimanga invariato, vengono introdotte alcune misure nell’ottica di alleggerire le responsabilità di quei paesi europei sottoposti oggi a maggiore pressione migratoria. Queste ipotesi iniziali si inseriscono in un quadro di riforma più ampio che ambisce alla creazione di un sistema di asilo efficiente, trasparente ed equo, in grado di affrontare le sfide migratorie future.
Si pensa all’introduzione di alcuni parametri statistici che determinino, su basi oggettive e condivise, un livello nazionale di sostenibilità raggiunto il quale i richiedenti asilo le cui domande sono riconosciute ammissibili verranno ricollocati in altri paesi dell’Unione. Nel caso in cui un Paese membro si sottragga a questa responsabilità si prevede che versi un contributo di solidarietà obbligatorio. Inoltre si propone di migliorare l’efficienza del sistema Eurodac per integrare le informazioni sull’immigrazione irregolare e favorire i rimpatri. Si ipotizzano anche termini più stringenti per l’esame delle richieste di competenza fra paesi UE e per gli eventuali trasferimenti interni. In altre successive fasi ci si propone di ipotizzare misure di contrasto al cosiddetto “asylum shopping”, nella direzione di una armonizzazione di norme e procedure di asilo al fine di ridurre i fattori di richiamo e contrastare i movimenti secondari irregolari.
Il progetto di riforma è accolto in Italia da reazioni contrastanti. Pressoché unanime è il favorevole accoglimento della proposta che prevede sanzioni per gli stati inadempienti, alcune critiche vengono invece avanzate per quanto riguarda il calcolo del livello di sostenibilità di richieste di asilo, ritenuto ampiamente sovrastimato, e anche in relazione alla limitazione della possibilità di scelta dei richiedenti circa il luogo di presentazione della domanda, questione questa superabile secondo alcuni soltanto con l’introduzione di uno status di asilo europeo che metterebbe un freno anche ai movimenti irregolari di richiedenti asilo all’interno dell’Unione.