Israele, il nuovo Governo e la Palestina

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Benjamin Netanyahu è finalmente riuscito a comporre il nuovo Governo dopo le elezioni dello scorso 22 gennaio. Per la prima volta senza partiti religiosi, con una coalizione tra il Likoud, partito di destra, il partito Yesh Atid (C’è futuro) di centro destra, Casa ebraica, movimento nazionalista vicino ai coloni, e il partito di centro Ha Tnouha, il nuovo Governo si insedia a pochi giorni dalla visita di Barack Obama, in un contesto regionale ad alta tensione, in particolare per quanto riguarda l’Iran e la sua sfida nucleare e in un processo di pace con i Palestinesi ad un punto morto dal 2010. L’attribuzione di alcuni Ministeri chiave delinea già il profilo di questo nuovo Governo: la Difesa attribuita a Moshé Yaloon, considerato uno dei falchi del Likoud, a Yesh Atid (la seconda forza politica del Paese e la sorpresa del voto del 22 gennaio) il Ministero delle Finanze e dell’Istruzione e a Casa ebraica, oltre al commercio e all’industria, è stato attribuito il Ministero degli Alloggi, un Ministero cruciale incaricato anche della supervisione delle costruzioni nelle colonie. Ed infine, a Tzipi Livni, ex Ministro degli Esteri e alla testa del nuovo partito di centro Ha Tnouha (6 eletti) sono stati affidati il Ministero della Giustizia nonché i negoziati di pace con i Palestinesi, con l’obiettivo di giungere ad un “accordo politico in grado di mettere fine ai conflitti”.

Difficile immaginare con quali mezzi e su quali basi, visto che il punto cruciale di un avvio di negoziati di pace poggia essenzialmente sull’interruzione dell’espansione delle colonie in Cisgiordania e a Gerusalemme est. E su questo punto il nuovo Governo, attraverso le voci del nuovo Ministro degli Alloggi, Uri Ariel, lui stesso colono, e del Vice Ministro della Difesa è stato chiaro: si andrà avanti con la colonizzazione. Dichiarazioni che non lasciano grandi spazi di manovra e contraddicono anche le recenti dichiarazioni del Presidente israeliano Shimon Peres che, in una recente intervista ad un settimanale tedesco, aveva dichiarato che il nuovo Governo sarebbe stato chiamato a prendere una decisione strategica al riguardo e che la soluzione con due Stati rimaneva l’opzione migliore.
La visita prevista in Israele e in Palestina di Barack Obama avviene in questo contesto. Le relazioni, anche se gli Stati Uniti sono rimasti l’unico alleato di Israele, non sono delle migliori, ma sarà importante capire quale sarà l’impegno del Presidente Obama, ormai al suo secondo mandato, per sostenere un sempre più problematico processo di pace. Non solo, ma interviene anche in un momento in cui questa inconciliabile politica di Israele con il rispetto del diritto internazionale, viene ancora una volta denunciata da autorevoli agenzie dell’ONU. In primo luogo dalla missione del Consiglio dei diritti dell’uomo che sottolinea che “l’espandersi delle colonie viola le Convenzioni di Ginevra” e chiede un arresto immediato degli insediamenti e in secondo luogo dal Rapporto dell’UNICEF, pubblicato il 6 marzo, che denuncia i trattamenti disumani nei confronti di bambini palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Due rapporti che mettono in evidenza alcuni dei tanti aspetti di violazione dei diritti dell’uomo che una tale politica di occupazione genera e impone.

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