Israele e la guerra in Medio Oriente, una nuova fase in prospettiva

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E’ finita quella fragile tregua che aveva permesso il rilascio di alcuni ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas nonché qualche briciola di calma al popolo di Gaza, sotto il fuoco ormai da quel 7 ottobre 2023.

Israele è infatti entrato in una nuova fase della lotta contro Hamas, riprendendo bombardamenti che non fanno altro che accrescere gli orrori delle distruzioni e il numero delle vittime fra una popolazione ormai allo stremo.  Il recente massacro, da parte dell’esercito israeliano, di operatori sanitari è solo l’ultimo atto di una sistematica e cieca violazione del diritto internazionale umanitario, violazione che, sommata a quella di Hamas, lascia poco spazio a possibili dialoghi per la soluzione del conflitto e ancor meno per una pace rispettosa e attenta ai diritti fondamentali anche del popolo palestinese.

Questa nuova fase si è aperta con inquietanti prospettive per il futuro della stessa Gaza e per il pericolo di escalation regionale in un contesto geopolitico scosso dalle provocanti e deliranti politiche del Presidente americano, dall’emergere di un nuovo ma debole protagonismo dei Paesi arabi e segnato dalla fragilità dell’Iran, dovuta all’indebolimento dell’insieme dei paesi dell’ “Asse della resistenza”, in particolare di Libano e Siria.

All’interno di Gaza, abbiamo assistito, in questi ultimi giorni, oltre alla ripresa dei bombardamenti, alla creazione di un nuovo Corridoio (Morag) che attraversa la Striscia a sud, il quale, insieme ad altri  Corridoi sorvegliati e controllati da Israele, contribuirebbe all’obiettivo di rioccupare e frammentare Gaza in enclave isolate e di spingere la popolazione in territori sempre più ristretti e sovraffollati. Un controllo del territorio che riflette anche la recente dichiarazione del Governo israeliano del 6 febbraio scorso sui preparativi per “il trasferimento su base volontaria degli abitanti della Striscia di Gaza” in altri Paesi, dichiarazione che ha fatto inoltre eco all’altra spaventosa proposta del Presidente Trump per uno sfruttamento turistico di Gaza. Un vero e proprio schiaffo al diritto e alla giustizia internazionali e un totale disprezzo nei confronti dei diritti umani.

A livello regionale, Israele ha intensificato i suoi attacchi in Siria, Paese sensibile e in piena transizione politica, sostenuto dalla  Turchia. Ha di nuovo bombardato il Libano, la periferia sud di Beirut, prendendo di mira un esponente di Hezbollah e infrangendo per la seconda volta un cessate il fuoco entrato in vigore nel novembre scorso. Senza dimenticare i recenti raid aerei statunitensi nel Mar Rosso nei confronti degli Houthi nello Yemen, su una rotta marittima fondamentale per il commercio internazionale e  che rischia di avere ripercussioni globali. 

Nel frattempo, il premier israeliano non ha esitato ad imbarcarsi per Washington per incontrare il Presidente americano e discutere del futuro del Medio Oriente. I temi sul tavolo non sono da poco, fra i quali spicca in particolare la minaccia dell’Iran e il suo programma nucleare, minaccia che si ritrova in cima alle preoccupazioni e alle mire di Israele e che Trump ha deciso di affrontare in negoziati bilaterali fra Washington e Teheran.  Con il solito avvertimento di disastrosi risvolti se l’Iran opporrà un rifiuto ai negoziati voluti dal Presidente americano.

Questa è oggi la situazione in Medio Oriente, dove le prospettive di pace e una soluzione giusta e dignitosa del conflitto israelo-palestinese si allontanano irrimediabilmente sempre più, sotto gli occhi di una comunità internazionale in insopportabile silenzio.

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