Invito alla lettura: “Sui confini, Europa un viaggio sulle frontiere”

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Ci sono letture gradevoli, ma i cui contenuti possono mettere i brividi. E’ il caso del libro di Narco Truzzi, Sui confini, Europa un viaggio sulle frontiere (Ed. Exorma, 2017, 14,50€)

Poco più di 150 pagine, che scorrono veloci e sembrano all’inizio solo frammenti di un diario dell’Autore che, in compagnia dell’amico fotografo, racconta di un viaggio su alcune frontiere “calde” ai quattro punti cardinali dell’Unione Europea. Si va da quel luogo europeo fuori d’Europa che è l’enclave spagnola di Melilla, dove Marocco e Spagna sbarrano la strada a migranti in arrivo dall’area subsahariana a una città europea ricca fuori dall’UE come Basilea, all’incrocio tra Svizzera, Germania e Francia, un’isola di benessere opulento dove la vita “sta appassendo” mentre a Melilla sembra “stia fiorendo”.

E poi un salto più a nord, nei Paesi scandinavi, con quel ponte sull’Oeresund, che unisce cittadini europei che non si amano ma che stanno bene e blocca migranti che stanno male e cercano condizioni migliori di vita. Sono queste le frontiere che fanno da cornice all’Unione Europea, al suo cuore stanco e pericolosamente senza anima.

Un cuore che il libro racconta concentrando la sua attenzione sui due dei  più importanti luoghi dove i confini imprigionano la vita di migliaia di persone: la frontiera di Ventimiglia e la “Jungle” di Calais, due frontiere presidiate da quella Francia, messaggera per il mondo di “égalité, liberté, fraternité”, e oggi rinchiusa a raggio per proteggere la sua sovranità.

Le pagine su Ventimiglia, proprio ai nostri immediati confini, intrecciano storia e attualità: la storia delle frontiere “in movimento” nella vicina Val Roja e l’attualità dei migranti accampati sugli scogli o nei dintorni della stazione. C’è la storia del barbiere John che assomiglia un po’ a quel suonatore Jones, dell’Antologia di Spoon River, al quale Fabrizio De André fa dire al venditore di liquore: “e tu che lo vendi, che cosa ti compri di migliore?”.

Lontano, più a nord, ma vicino per le sofferenze condivise, l’accampamento di Calais alla frontiera franco-britannica, una delle linee rosse all’origine di Brexit. Il libro si concentra su due figure: Linda Aubry, un insegnante francese di lingua italiana e Zimako Jones, entrambi impegnati con iniziative di formazione tra i migranti, anche più importanti che non la sola pur necessaria assistenza.

Il libro si conclude con un rapido viaggio alle frontiere orientali dell’Unione Europea, prima attraversando i luoghi dei recenti massacri nella ex-Yugoslavia, i reticolati e i muri ungheresi per approdare ai fili spinati dei campi di concentramento di Birkenau e di Auschwitz. Una traiettoria che all’inizio del libro sembrava “solo” disegnare il disagio e la disperazione oggi di migranti ai confini dell’Europa, ma che richiama altri reticolati da brivido, che già ci sono e che potrebbero diventare ancora veicoli di morte.

Non è l’unica prospettiva evocata nella conclusione del libro: “Forse il filo spinato che abbiamo visto in giro continuerà a scrivere ancora altri capitoli della nostra storia. Ma è altrettanto vero, che prima o poi, dei ragazzi balleranno nuovamente sulle rovine di un muro caduto. Mentre con una mano accarezziamo l’erba di Birkenau, decidiamo di interrompere qui il viaggio, simbolicamente, sul confine dei confini, Buonanotte, Europa. Buongiorno, Europa”.

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