Importante pronuncia della Corte di Giustizia in materia di status di rifugiato

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La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito un importante principio in materia di status di rifugiato: con la sentenza pronunciata nelle cause riunite C-391/16, C-77/17 e C-78/17, la Corte ha infatti stabilito che lo status di rifugiato e i correlati diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra non subiscono gli effetti di eventuali provvedimenti di revoca o diniego del riconoscimento dello status stesso, impedendo, di conseguenza, il respingimento dell’interessato verso un Paese dove la sua vita o la sua libertà possano essere minacciate.

La sentenza origina dai rinvii pregiudiziali presentati in Belgio e Repubblica Ceca da soggetti titolari o richiedenti dello status, ai quali detto status era stato revocato o negato in quanto ritenuti, in seguito alla commissione di reati particolarmente gravi, una minaccia per la sicurezza o per la comunità dello Stato membro ospitante. I suddetti dinieghi e revoche erano stati disposti in conformità all’articolo 14 della Direttiva 2011/95/UE sui rifugiati.

I giudici nazionali hanno disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, domandando se:

  • se tali disposizioni della Direttiva non finiscano per introdurre motivi di cessazione o esclusione dello status di rifugiato non previsti dalla Convenzione di Ginevra, la quale, per i medesimi motivi, l’espulsione ed il respingimento ma non la perdita dello status stesso;
  • alla luce del primo punto, se le suddette disposizioni della direttiva siano legittime, considerando che Carta dei diritti fondamentali dell’UE prevede che la politica di asilo dell’UE debba rispettare la Convenzione di Ginevra.

Con la sua pronuncia, la Corte di Giustizia ha stabilito che:

  • lo status di rifugiato, per sussistere, non necessita di formale atto di riconoscimento, essendo quest’ultimo un atto meramente ricognitivo; pertanto, ogniqualvolta un soggetto nutra fondato timore di essere perseguitato nel suo paese di origine o di residenza, questi deve ritenersi qualificato come rifugiato ai sensi della direttiva Ue e della Convenzione di Ginevra;
  • sebbene i motivi di revoca e diniego in questione previsti dalla direttiva Ue  corrispondano a quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra (che consente, in queste circostanze, di privare il rifugiato del beneficio del principio del non respingimento), la direttiva va interpretata nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali, la quale esclude categoricamente l’allontanamento verso uno Stato dove esista un rischio serio che una persona sia sottoposta a tortura o a pene e trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dalla commissione di reati da parte di questi. La direttiva, quindi, alla luce della Carta, garantisce livelli di protezione maggiori rispetto a quelli della Convenzione di Ginevra.

Per approfondire: il comunicato della Corte di Giustizia

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