Lo scorso 31 ottobre il Consiglio d’Europa ha pubblicato un rapporto riguardante la disinformazione all’interno del mondo dell’informazione a livello globale. L’obiettivo è quello di proporre alcune linee guida per affrontare questo crescente a attuale problema.
La relazione è stata commissionata dal Consiglio d’Europa su specifica richiesta dei suoi Stati membri , i quali si sono dimostrati assai preoccupati delle conseguenze di lungo periodo di questo fenomeno, soprattutto per le sue negative implicazioni in termini di tensioni etniche, sociali e religiose. Infatti, se da un lato esso è tecnicamente difficile da quantificare, dall’altro gli effetti sono chiaramente visibili, anche a causa dell’azione dei social media, attraverso i quali qualunque messaggio viene recepito ed amplificato esponenzialmente.
In particolare, il rapporto identifica tre tipologie di “confusione informativa”: in primo luogo vi è la misinformazione, categoria all’interno della quale la diffusione di informazioni false è involontaria e non ha finalità specifiche; la seconda possibilità è la disinformazione, il cui obiettivo principale è quello di seminare coscientemente informazioni false; la malainformazione è il terzo e ultimo caso e concerne la diffusione illegale di informazioni veritiere, come la pubblicazione di documenti secretati per motivi di pubblica sicurezza.
L’assenza nella precedente classificazione dell’inflazionato termine fake-news (in italiano, “bufale”) non è casuale. Infatti, viene sottolineato come questa parola non sia sufficientemente articolata per descrivere la complessità del fenomeno nel suo complesso. Inoltre, oggigiorno essa sta diventando parte del vocabolario politico per indicare le voci discordanti rispetto alla narrazione ufficiale, per cui sta progressivamente perdendo il suo significato originario.
In aggiunta, gli autori del rapporto, intitolato “Caos informazionale : verso un quadro interdisciplinare per la ricerca e l’elaborazione di politiche” hanno evidenziato come «ciò a cui stiamo assistendo è qualcosa di completamente nuovo: le campagne di disinformazione, che spesso fanno leva sulle emozioni delle persone, si diffondono a grande velocità e possono avere un enorme impatto sulla società nel suo insieme. Per tale ragione, al fine di combattere la disinformazione, incentivare unicamente la pubblicazione di più informazioni fattuali, senza comprendere gli elementi emotivi e rituali della comunicazione, potrebbe rivelarsi un totale spreco di tempo».
In conclusione, al fine di riportare il tema dell’”inquinamento informativo” ad un minimo comun denominatore, il rapporto stila alcune raccomandazioni per tutti gli attori coinvolti, dalle aziende high-tech ai governi nazionali. A tal proposito, un aspetto estremamente importante sarebbe una maggiore collaborazione fra di essi, affinché le iniziative messe in campo non restino progetti isolati, ma diventino una parte di un disegno comune più grande.