«Il salario dignitoso è un diritto umano per la maggioranza dei lavoratori nel mondo, ma oggi è un diritto negato», per questo la campagna internazionale Clean Clothes ha lanciato un appello in occasione della Giornata mondiale per il lavoro dignitoso, il 7 ottobre scorso.
Come spiegano infatti i promotori della campagna internazionale, che in Italia è sostenuta dalla coalizione Abiti puliti in collaborazione con il Tribunale Permanente dei Popoli, «il salario dignitoso copre i bisogni fondamentali di una famiglia di lavoratori: cibo, abitazione, abbigliamento, scuola e cura dei bambini, salute e trasporti. Oggi tuttavia i salari nell’industria tessile sono spesso così bassi che i lavoratori e le loro famiglie soffrono di malnutrizione e vivono in condizioni di povertà  ».
Per la Giornata mondiale 2009, la coalizione internazionale si è impegnata in particolare a fare pressione sui grandi gruppi della distribuzione affinchà© sia assunta e applicata la proposta di un salario minimo dignitoso per tutta l’Asia (Asia Floor Wage – AFW). L’appello è stato rivolto ai grandi nomi della distribuzione come Carrefour, Tesco, Aldi e Lidl, nonchà© a imprese leader italiane quali Coop, Coin-OViesse, Rinascente e Upim.
«L’alleanza per l’Asia Floor Wage unisce sindacati e ONG in Asia intorno ad un’unica proposta di salario dignitoso; è una risposta forte alle pratiche delle imprese che hanno tenuto i salari sotto il livello di povertà   e messo i lavoratori gli uni contro gli altri» ha spiegato il segretariato internazionale della Clean Clothes Campaign, Jeroen Merk. Il salario dignitoso, un diritto umano riconosciuto a livello internazionale, è regolarmente negato ai lavoratori tessili nell’industria globale, in prevalenza donne, che producono abbigliamento per le catene distributive internazionali vivendo in condizioni di estrema povertà  . «Il salario dignitoso – osserva la portavoce della campagna Abiti Puliti, Deborah Lucchetti – è la prima risposta inclusiva per il riequilibrio della domanda globale che puಠsollevare milioni di lavoratori dalla povertà   endemica in cui si trovano».
				
		










