Nella sua seduta del 2 giugno scorso il Bundestag tedesco ha adottato alla quasi unanimità una risoluzione che riconosce, chiamandolo per nome, il genocidio armeno compiuto nel 1915 dall’Impero ottomano e che ha provocato lo sterminio di più di un milione di persone. Un riconoscimento che fa seguito, nel corso degli anni, a quello di altri 20 Paesi, compresa l’Italia, nonché a quello dell’ONU, del Parlamento Europeo e più recentemente anche a quello di Papa Francesco. Ma da sempre per la Turchia, quella parola “genocidio” è un tabù e ha il potere di rianimare irritati risentimenti e rifiuti di una lontana realtà storica che allunga, ancor oggi, le sue lugubri ombre sui rapporti che il Paese ha con l’Armenia e oltre.
Il riconoscimento da parte della Germania, ha tuttavia un significato più profondo, che va oltre quello proveniente da altri Paesi. Questa particolarità è inoltre accentuata dal contesto in cui oggi si inserisce, un contesto che si sviluppa all’incrocio di nuove relazioni che la Turchia sta delineando non solo con la Germania e l’Unione Europea ma anche ad un livello regionale e internazionale estremamente turbolenti e incerti.
Prima di tutto va infatti sottolineato che il testo della risoluzione del Bundestag fa esplicitamente riferimento anche alla responsabilità della Germania, principale alleato militare dell’allora Impero Ottomano, nel compimento del genocidio degli Armeni. Una tale presa di posizione da parte del Paese responsabile della più grande catastrofe del XX secolo con lo sterminio degli ebrei, va infatti letta e interpretata come un’ulteriore tappa di un doloroso percorso di memoria, di verità storica e di riconoscimento di un tragico passato volto a consolidare, con la dignità necessaria, la propria attuale democrazia e il suo sempre incerto futuro. E questo è il messaggio che la Germania ha voluto mandare alla Turchia, un messaggio che contiene infatti un particolare invito ad affrontare con coraggio le tragedie del passato per poter scrivere nuove pagine del presente.
La reazione più che negativa della Turchia al riguardo non si è tuttavia fatta attendere : richiamo dell’ambasciatore turco in Germania, dichiarazioni da parte di Erdogan che rimettono in discussione non solo i rapporti fra Turchia e Germania, ma anche fra Turchia e Unione Europea, e questo proprio in un momento tanto delicato in cui si gioca, in particolare, l’accordo sui migranti e la libera circolazione dei cittadini turchi nello spazio Schengen. Una reazione che sottolinea ancora una volta quanto imbarazzante sia tessere rapporti con un Paese che sta disegnando la sua politica interna e la sua geopolitica in modo così distante da quello che anima i valori dell’Unione Europea : deriva totalitaria e fondamentalista, non rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, bavaglio alle forze d’opposizione e guerra ai curdi. Non solo, ma a livello regionale, la distanza fra la Turchia e l’Armenia si allunga sempre più attraverso il rinato conflitto nel Nagorno Karabakh, conteso fra Armenia, sostenuta dalla Russia e l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia. Un conflitto che ha già fatto in questi ultimi tempi centinaia di nuove vittime e che potrebbe riaccendersi in un contesto geopolitico sempre più teso fra Turchia e Russia.
Nel frattempo i toni di Ankara si sono leggermente smorzati, riportando in primo piano le relazioni “molto importanti” che esistono fra la Turchia e la Germania, relazioni che non nascondono tutti gli interessi politici ed economici che toccano anche l’Unione Europea.