G20 e i nuovi attori globali

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Si sono da poco spente le luci sulla riunione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a Johannesburg per riaccendersi di nuovo a Nuova Delhi, dove il 9 e 10 settembre scorsi si è riunito il G20, il Vertice dei Capi di Stato e di Governo delle maggiori economie mondiali (80% del PIL mondiale e 75% del commercio mondiale). Due Vertici che si sono tenuti a breve distanza l’uno dall’altro e che riflettono, in questo 2023 carico di avvertimenti sui futuri cambiamenti negli equilibri internazionali, il peso di nuovi attori e nuovi protagonisti sulla scena globale.

Se a Johannesburg, i BRICS e i futuri nuovi membri, guidati dalla Cina, hanno mandato un messaggio al mondo e in particolare all’Occidente, dicendo che è arrivato il momento di dare voce, peso e protagonismo a nuovi Paesi emergenti, spesso definiti come “Sud Globale”, a Nuova Delhi sono andate in scena tutte le complessità di una tale prospettiva.

Sotto la Presidenza del Primo Ministro Narendra Modi, l’India ha guidato, per la prima volta, il suo G20 ponendosi come futuro leader di un mondo che verrà, capace di offrire un terreno di convergenza fra un Sud in ascesa e un Occidente considerato in declino. Una posizione che fa dell’India di oggi l’esempio di un Paese che, da storico Paese non-allineato, è diventato Paese che aspira a diventare potenza globale ed interpreta il proprio futuro in una dimensione politica di multi-allineamento, capace di rispondere, a seconda delle esigenze strategiche, ai propri interessi politici ed economici. 

Se guardiamo la posizione dell’India è diventata oggi la quinta economia del mondo, è il Paese più popoloso con 1.4 miliardi di persone, di cui più della metà con meno di 25 anni e che, con investimenti tecnologici che guardano al futuro, è il quarto Paese a posarsi sulla Luna. 

Per consolidare tali risultati, Nuova Delhi, nella sua politica estera, ha infatti mantenuto e sviluppato buoni rapporti con tutti gli attori globali: si è avvicinata agli Stati Uniti, non si è allontanata dalla Russia e dalle sue risorse petrolifere e guarda, anche se con palese inquietudine, alla posizione della Cina la quale, diversamente dall’India, ha il disegno di imporre una visione dell’ordine internazionale alternativa a quella liberale dell’Occidente, promossa finora, in particolare, dagli Stati Uniti e dall’Europa. 

Due posizioni divergenti che evidentemente generano tensioni fra due attori “di peso” nei fora internazionali, tensioni che non sono mancate infatti né all’interno del Vertice dei BRICS, né tantomeno al G20, dove è apparso chiaramente il pericolo di frammentazione del sistema internazionale e l’incertezza sui grandi temi globali.

In questo contesto, non sorprende purtroppo il debole e fragile accordo raggiunto a Nuova Delhi, accordo che poggia su un punto di equilibrio di interessi diversi e di un mondo che lo stesso G20 rappresenta ormai solo in parte. 

Accordo, ad esempio, che concede solo un rapido accenno alla guerra in Ucraina, condannando genericamente l’uso della forza senza mai citare la Russia. Il tema dei cambiamenti climatici, dal canto suo, ha ottenuto un superficiale impegno sull’eliminazione dei combustibili fossili, limitata per il momento al carbone e senza un calendario in prospettiva, come indicato dall’ONU.

A riprova dei cambiamenti in corso, il G20 indiano ha tuttavia preso una decisione strategicamente importante: ha aperto le porte all’Unione africana, conferendole lo statuto di membro permanente, statuto pari a quello dell’Unione Europea in quanto organizzazione regionale. Se questa apertura è, da una parte, un segnale politico positivo di inclusione, di rappresentanza e di rafforzamento degli interessi del “Sud globale” sulla scena internazionale, dall’altra solleva alcuni interrogativi sulla futura governance mondiale, in cui si incrociano, fra BRICS, G21, G7 e altri fora mondiali, interessi divergenti e sfide globali comuni.

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