Elezioni Europee: la posta in gioco

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Ormai ci siamo. Mancano pochi giorni alle elezioni europee, probabilmente le più importanti da quando, nel 1979, siamo stati chiamati a eleggere direttamente il Parlamento europeo.

Da allora sono passati 35 anni, l’Europa è radicalmente cambiata: non più al centro del mondo, ma a rischio di essere – come disse Paul Valéry – appena un “promontorio dell’Asia”, dove galoppa il futuro e dove la Cina sta ormai superando per forza economica gli stessi USA, figuriamoci l’Unione Europea.

Eppure in questi ultimi 35 anni nell’UE sono triplicati i suoi Paesi membri, oggi 28, e raddoppiati i suoi abitanti, oggi oltre mezzo miliardo, più di USA e Russia insieme. Tra i suoi Paesi membri 18 hanno adottato una moneta unica, l’euro, e prefigurano già la possibile avanguardia verso una maggiore integrazione politica.

Sono anche stati 35 anni segnati da grandi avvenimenti: nel 1990, dopo il crollo del muro di Berlino, la Germania è stata riunificata, alla vigilia della dissoluzione dell’Unione sovietica; all’inizio del nuovo secolo l’euro ha fatto la sua comparsa e nel decennio successivo dodici nuovi partner ci hanno raggiunto. Eravamo da poco in 27 quando è esplosa la più grave crisi finanziaria e economica del dopo – guerra, che dura tuttora. Un periodo difficile nel quale l’UE ha navigato a vista, con al timone Istituzioni ormai inadeguate e governi nazionali litigiosi, in casa propria e in Europa; una barca a rischio di naufragio e milioni di persone finite in acqua, vittime di povertà, disoccupazione e precarietà.

Purtroppo anche 35 anni di progressiva disaffezione dei cittadini europei dall’avventura comune dell’integrazione comunitaria e anche di rabbia contro una classe dirigente incapace di pilotarci fuori dalla crisi e dare un governo compiuto all’UE e all’euro.

È in questo contesto che siamo chiamati al voto: in un’Unione Europea cresciuta nel corpo e deperita nell’anima, con Istituzioni rimaste sostanzialmente quelle degli anni ’50, quando i Paesi membri erano un quinto degli attuali, le differenze molto più contenute, le condizioni sociali e economiche favorevoli allo sviluppo di un progetto di integrazione chiaro e largamente condiviso.

In una parola: questa Unione Europea ha camminato molto ma è arrivata al capolinea. Non basterà adesso qualche aggiustamento marginale, come si è fatto finora, ma s’impone una manutenzione straordinaria della macchina, Istituzioni riformate e nuove più coraggiose politiche comuni.

Per riuscirci una delle leve è l’occasione offerta dalle prossime elezioni, per un Parlamento che tra le Istituzioni comunitarie ha fatto i maggiori progressi e comincia, con il Trattato di Lisbona oggi in vigore, a detenere poteri reali. A patto che questi vengano esercitati da gruppi politici e da parlamentari competenti, determinati a incalzare le altre Istituzioni e i governi nazionali, ad associare i cittadini alle loro battaglie e a non accontentarsi degli attuali equilibri nazionali, puntando a una Costituente europea che riscriva, con chi ci sta, un nuovo progetto politico e nuove regole, senza lasciarsele dettare dai più forti del momento.

Il Parlamento che voteremo il 25 maggio non è più, come ancora molti credono, una semplice assemblea consultiva, destinazione “turistica”, come ebbe maldestramente a dire l’ex-cavaliere e ex-premier. Oggi il Parlamento europeo è, insieme al Consiglio dei ministri UE, organo co – legislatore e definisce la stragrande maggioranza delle normative che regolano la nostra vita quotidiana.

La posta in gioco è grande, niente meno che l’Europa del futuro. Non sono in gioco le sorti del governo italiano e, come farnetica qualcuno, la “cacciata” del nostro Presidente della Repubblica.

Né l’obiettivo centrale è il ridimensionamento della Germania, bensì il rafforzamento del protagonismo di tutti e dell’Italia, Paese fondatore, per prima.

Per chi ha in mente quanto accade in Ucraina, la posta in gioco è niente meno che la pace sul continente; per chi non ha lavoro e fatica ad arrivare alla fine del mese, la posta in gioco è un nuovo sviluppo coordinato per tutti i nostri Paesi. Per i giovani, schiacciati dal debito delle generazioni passate, la posta in gioco è il risanamento delle finanze pubbliche e nuova occupazione, a salvaguardia del welfare, degli investimenti nella formazione e nella ricerca e per gli anziani, che ancora ricordano in che condizioni erano i nostri Paesi nel dopoguerra, la posta in gioco è quella di consegnare alle nuove generazioni una memoria che generi futuro e che impedisca di ritornare ai tempi drammatici di “tutti contro tutti”, quelli di milioni di morti nelle due ultime guerre mondiali.

L’occasione di cambiare questa Europa è adesso, perderla potrebbe essere fatale.