Con l’Ucraina solidarietà fragili

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Sarà meglio non illudersi sul potenziale di solidarietà di cui ha bisogno l’Ucraina per sopravvivere all’aggressione russa. Non che di solidarietà non se ne sia manifestata in Occidente, un po’ meno altrove, come da parte della Cina e dell’India che pure da sole, rappresentano più di un terzo della popolazione mondiale e un quarto dell’economia planetaria.

Ma limitiamoci all’Occidente che alla minaccia ha reagito schierandosi apparentemente compatto dalla parte dell’Ucraina: almeno questa è la posizione prevalente adottata dai governi occidentali, più frammentata quella dei cittadini, molti dei quali incerti sul da farsi, in particolare a proposito del sostegno militare all’Ucraina.

Si tratta però di una solidarietà fragile, anche tra i principali attori nazionali presenti nella NATO.

Una prima divergenza è ormai evidente tra le due sponde dell’Atlantico e della Manica: da una parte, USA e Regno Unito, due Paesi dotati dell’arma nucleare, che perseguono il chiaro obiettivo di provocare una crisi economica e politica all’interno della Federazione Russa, fino all’uscita di scena di Vladimir Putin; dall’altra, l’Unione Europea che insiste per un dialogo difficile, in vista di una pacificazione che consenta un giorno di ricostruire un partenariato con la Russia europea e proseguire sulla strada impervia di una riunificazione continentale, impresa rilanciata nel 2004 con il grande allargamento verso est.

Va un po’ meglio l’intesa tra i Ventisette nell’UE, ma con qualche eccezione, ad oggi ancora tenuta sotto controllo. Il caso più clamoroso è quello dell’Ungheria, molto morbida se non peggio con la Russia e contraria ad applicare le sanzioni adottate e ad accogliere i profughi, al punto da meritare ben maggiore severità da parte di Bruxelles di quanto mostrata finora.

La vicenda delle sanzioni alla Russia mette in tensione anche altri Paesi UE: lo abbiamo constatato nei giorni scorso a proposito della prospettiva di un embargo sull’approvvigionamento energetico in provenienza dalla Russia. Decisivo sarebbe stato il blocco di gas e petrolio, come richiesto dal Parlamento europeo, ma sotto la pressione della Germania, ci si è limitati per ora al carbone, poca cosa rispetto al volume globale dell’energia importata dalla Russia (4 miliardi di euro su 124) dalla quale dipende anche il finanziamento della guerra all’Ucraina.

Anche in Italia la solidarietà mostra segnali di fragilità, paradossalmente più all’interno della maggioranza di governo che non tra questa e l’opposizione.

Non stupisce più di tanto nel caso della Lega, che ha negli armadi qualche scheletro di cui le riesce difficile disfarsi, prigioniera di un suo passato filo-russo che non passa, al punto di dissociarsi sempre più spesso dalle posizioni adottate dal governo.

Non stupisce, anche se un po’ di meno, per i Cinque stelle, sul tema divisi al loro interno, ma come la Lega preoccupati per le prossime consultazioni elettorali, quelle politiche in particolare. Quanto basta per far passare in secondo piano gli impegni presi nel quadro dell’Unione Europea e della NATO e, soprattutto, l’urgenza di venire rapidamente in soccorso alla resistenza ucraina.

Mentre la storia del mondo cambia ci sono politici miopi che non sanno guardare oltre il perimetro stretto della loro provincia elettorale, ridando fiato a rigurgiti di nazional-populismo che ci eravamo illusi andassero spegnendosi.

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