La Lega è risultata nelle ultime elezioni nazionali il primo partito e come tale è presente nella larga maggioranza che sostiene variamente il governo Draghi. La formazione del quale è coinciso con una sorprendente conversione “europeista” della Lega a sostegno del programma di Mario Draghi “europeista ed atlantista”, deciso sostenitore dell’irreversibilità dell’euro. In questa miscela c’è quanto basta per evocare esplosive alchimie politiche anche in Europa, come risulta chiaramente dai movimenti in corso nel Parlamento europeo, che interessano gruppi politici quasi tutti a dimensione variabile.
Cominciando dal gruppo politico più numeroso, quello del Partito popolare europeo (PPE) che ha registrato, non senza un sospiro di sollievo, l’uscita del partito del premier ungherese, Viktor Orban, in attesa di conoscere le intenzioni della Lega italiana, spinta a “slegarsi” dal gruppo di destra “Identità e democrazia”; continuano a cercar casa i grillini, chi guardando verso il Gruppo socialista, chi verso il Gruppo dei liberali e chi verso i Verdi europei, da tempo con il vento in poppa come confermato dalle ultime elezioni amministrative in Germania e anche dalla recente conversione del sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
E’ in allerta anche il Gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), attualmente presieduto dal Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia, che non muore dalla voglia di aprire la porta a una Lega, troppo ingombrante con i suoi 23 europerlamentari e anche in attesa di sapere dove andrà a collocarsi l’amico Viktor Orban con il suo gemello polacco, attualmente nelle fila dei Conservatori.
Prevalgono nell’ala destra del Parlamento europeo vari smottamenti politici, destinati a movimentare l’Assemblea di Strasburgo e probabilmente a modificare le gerarchie tra i Gruppi politici: movimenti che si intensificheranno in vista dell’avvicendamento alla guida del Parlamento quando nel 2022 David Sassoli, Gruppo socialista, lascerà il posto di presidente a un rappresentante del Partito popolare europeo, probabilmente il tedesco Manfred Weber, il mancato presidente della Commissione europea, bruciato sul filo di lana dalla sua compatriota Ursula von der Leyen.
A voler azzardare un raffronto con il paesaggio politico italiano, in crisi a sinistra, sembra che in quello europeo le incertezze prevalgano a destra, imbarazzata dalla sua ala estrema, quella dei nazionalisti, e anche peggio, di “Alternativa per la Germania” (AFD), e tra i Conservatori e Riformisti, incerti se ospitare la Lega o affiancare ai nazionalisti polacchi anche quelli ungheresi, tentati a loro volta di mettersi in proprio.
Incertezze e contraddizioni che da Strasburgo si proiettano su Roma, dove la Lega fa professione di europeismo mentre al Parlamento europeo indugia ancora tra gli euro-scettici. Una contraddizione difficile da sopportare a lungo, all’interno della stessa Lega, ma anche all’interno della maggioranza di governo. Un vicolo cieco da cui potrebbe uscire entrando nel Partito popolare europeo dove fa buona guardia Forza Italia, pronta a far pagare dazio ai nuovi venuti, senza escludere però che le prossime elezioni tedesche in autunno non premino la destra politica che, a quel punto, potrebbe essere tentata dall’ingresso della Lega nel PPE, con l’obiettivo di rafforzarlo e rafforzarsi al suo interno.
Il Parlamento europeo è per noi lontano e spesso ci sfuggono non solo i suoi reali poteri, più importanti di quanto in genere si creda, ma anche i segnali politici che da Strasburgo rimbalzano su Roma e viceversa. Una buona occasione per guardare al paesaggio politico complessivo, ancora meglio se a distanza, senza farsi ingannare dal circo di casa nostra, con partiti in bilico tra “lotta e governo”, impegnati i permanenti comizi elettorali.