Nonostante cominci con “C’era una volta” questa storia che raccontiamo non è una favola. È il risultato di una straordinaria traiettoria economica e politica iniziata intorno alla metà del secolo scorso, cresciuta fino ai primi anni ‘70, oscillante negli ultimi anni del secolo, contrastata nei due decenni del nuovo millennio e in caduta libera in questi ultimi mesi.
Protagonista di questa travagliata traiettoria è il piccolo continente europeo, fiero padrone di mezzo mondo fino alla Prima guerra mondiale, inventore geniale dopo la Seconda guerra mondiale di un ambizioso progetto dal nobile nome di “Comunità europea”, diventata meno ambiziosamente “Unione Europea” in vista dei doverosi allargamenti ad est e oggi a rischio di diventare penoso vassallo dell’imperatore Donald Trump.
E così quella traiettoria lunga oltre settant’anni è arrivata ad un bivio esistenziale: diventare una colonia dei potenti prepotenti di questa nuova stagione della storia o ritrovare l’orgoglio di una grande protagonista della cultura mondiale, di attore economico e commerciale ancora attrezzato per resistere ai diktat e, soprattutto, con la responsabilità di essere ancora un presidio di democrazia e di welfare unico al mondo, seppure indebolito da aggressioni in provenienza da fuori e da veleni fatti circolare nelle sue vene dal virus dei nazionalismi.
Lo spettacolo della settimana scorsa all’Aja nel Vertice della NATO non rassicura chi ha in mente la fiera Comunità nata nel 1951: ricorda piuttosto quella che nel 2005 non è stata capace di darsi un Progetto di Costituzione europea, che a cavallo del primo decennio del secolo ha strangolato l’economia della Grecia e che in questi ultimi tempi sta perdendo credibilità sul versante della politica ambientale e dei flussi migratori.
Ma per chi ha memoria c’è stata anche un’altra Europa: quella che ha proseguito paziente negli anni il disegno per una riunificazione del continente, ha abbattuto le frontiere interne, ha saldato 20 Paesi in una moneta unica, ha accolto nel suo spazio di democrazia e libertà popoli reduci da dittature, è venuta in soccorso ai cittadini con i vaccini contro il Covid e ai lavoratori e all’economia con importanti risorse finanziarie straordinarie, reperite grazie a un debito comune europeo.
Senza dimenticare l’Unione Europea che si è mobilitata, relativamente compatta, a sostegno dell’Ucraina aggredita dalla Russia, affrontando prezzi economici e politici non indifferenti, cosa che purtroppo non ha saputo fare – e ancora non riesce a fare – per il popolo palestinese.
Questa Europa, stile dottor Jekill e mister Hyde, è adesso chiamata a diventare l’una o l’altra cosa: o perdere ogni pudore e orgoglio, come il servile olandese Segretario generale della NATO Mark Rutte, e piegarsi al prepotente Trump ubriacato da un presunto potere imperiale e subirne le servitù.
Oppure potrà l’Europa cogliere l’occasione delle dolorose terapie subite per riprendere la sua vocazione di attore di pace e giustizia e orientarle verso la salute della sua economia, articolando con intelligenza e visione strategica le enormi risorse finanziarie previste per rafforzare, con la messa in sicurezza dei nostri territori minacciati, anche e soprattutto la protezione delle persone. Si tratterà allora destinare agli armamenti quanto indispensabile ma in vista di una autonomia strategica dell’Europa nell’Alleanza atlantica, fino a quando esisterà, e non strumento di dipendenza nelle sole mani dell’azionista di maggioranza, a questo punto sempre più relativa e contendibile.
Provarci sarebbe già da subito un modo per i sottomessi pretesi leader d’Europa di cominciare a riscattarsi dai penosi inchini al Vertice dell’Aja, una pagina vergognosa per l’Europa che per noi resta quella di Spinelli, De Gasperi, Einaudi e, oggi, Mattarella, senza che altri nomi tra i governanti italiani di oggi possano esservi associati.