Non è facile, di questi tempi, rintracciare barlumi di luce nella notte che attraversa l’Unione Europea, oppressa dalla crisi e frenata da Stati membri alle prese con elettorati ripiegati sullo spazio nazionale e sui loro interessi immediati.
Tanto più doveroso allora cogliere ogni occasione per segnalare, se non proprio delle decisioni coraggiose, almeno le buone intenzioni e le rare aperture verso un futuro europeo migliore.
Hanno destato interesse, a questo proposito, le recenti dichiarazioni del Presidente francese François Hollande sul rilancio dell’integrazione comunitaria, in occasione del bilancio – molto modesto, per la verità – del suo primo anno di governo.
Il percorso delineato dovrebbe svolgersi in quattro tappe: la formalizzazione di un governo economico per l’eurozona con un suo presidente dedicato; l’anticipazione immediata di un piano per l’occupazione giovanile con i 6 miliardi previsti dal 2014; una comunità europea dell’energia e, entro due anni, la realizzazione di un’unione politica.
Non è stato chiaro quali Paesi UE il Presidente francese intendesse associare a tutti questi impegni: per una parte almeno, più probabilmente, aveva in mente i membri dell’eurozona, per la quale Hollande ha proposto “un bilancio comune” e, quindi, anche la possibilità di aprire ai tanto sospirati “eurobond”.
Si tratta di aperture condivise dal governo italiano, ma che non trovano ancora pronto quello tedesco e sicuramente contrario quello inglese.
Resta da capire quando e quali di queste intenzioni possano diventare praticabili.
Premesso che nulla di sostanziale sarà deciso prima delle elezioni tedesche di settembre, i tempi per l’unione politica saranno inevitabilmente più lunghi di quelli previsti, anche se un’intesa franco-tedesca in proposito potrebbe produrre un’accelerazione.
Una maggiore integrazione economica è forse più a portata di mano, con la speranza che avvenga quanto annunciato da Jean Monnet, convinto che fossero le crisi a far progredire l’avventura dell’integrazione europea.
Sul bilancio comune dell’eurozona e la creazione degli euro-bond dipenderà molto dall’esito delle elezioni e dall’andamento dell’economia tedesca, qualora la Germania prendesse coscienza che il 60% del suo mercato è nell’UE e tenesse a mente quanto pattuito con la creazione della moneta unica.
Quanto al piano urgente per l’occupazione giovanile c’è da sperare che faccia parte delle decisioni del Consiglio europeo di fine giugno e che le risorse messe a disposizione siano realmente aggiuntive rispetto al bilancio corrente.
Qualche passo avanti lo si può anche sperare in occasione del Consiglio europeo del 22 maggio che ha all’ordine del giorno il rafforzamento del mercato interno dell’energia e la lotta all’evasione fiscale. Si tratta di due temi politicamente sensibili: il primo, che potrebbe ricordare a qualcuno quanto grandi furono i benefici sessant’anni fa della Comunità europea del carbone e dell’acciaio; il secondo, perché tira in ballo ancora una volta le pretese sovranità nazionali sugli sviluppi di una fiscalità europea.
Quanto capiterà concretamente su tutti questi temi, di qui all’estate, ci dirà se davvero camminiamo, seppure a stento e lentamente, verso “più Europa” o se, invece, continuiamo ad affondare nelle sabbie mobili dei crescenti conflitti tra gli Stati europei e del logoramento della coesione sociale.