Attori e scenari della crisi: il futuro prossimo dell’Europa

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La crisi ha profondamente influenzato il dibattito politico europeo. Sia a livello nazionale che continentale, si sono affermate diverse e contrapposte voci in merito alla gestione della crisi da parte delle istituzioni europee e del consesso dei Capi di Stato e Governo. L’incontro “ripristinare la fiducia nell’Eurozona e nel progetto di integrazione europea alla luce del salvataggio di Cipro”, organizzato a Bruxelles da PubAffairs Brussels a maggio, si é rivelata un’occasione per riflettere sulle politiche di austerità e le loro conseguenze economiche, sociali e politiche.

La crisi economica ha avuto un impatto asimmetrico sulle economie dei paesi che hanno adottato l’euro. A diversi anni dall’inizio delle difficoltà, si osservano significative divergenze in merito  allo stato e la solidità dei conti pubblici dei diversi Stati membri dell’Eurozona. Tali gravi squilibri sono stati affrontati tramite due assi d’intervento principali: un’importante azione inter-governativa e l’emergenza di politiche nazionali di austerità di bilancio, peraltro condivise largamente a livello intergovernativo. L’azione di concerto tra i Governi degli Stati membri dell’Unione Europea é stata motivata dalla sostanziale assenza di strumenti macroeconomici efficaci in capo alle istituzioni europee ed ha prodotto meccanismi prettamente intergovernativi, con una limitata inclusione del sistema e dello spirito comunitario. In aggiunta, si é potuta osservare una convergenza, a livello nazionale, di politiche di austerità, ovvero un insieme di scelte politiche atte a ridurre la differenza negativa fra le entrate e le spese pubbliche (disavanzo primario), al netto degli interessi sostenuti per finanziare il debito pubblico.

L’incontro organizzato da PubAffairs, al quale hanno partecipato parlamentari europei, giornalisti e giovani professionisti, ha fatto emergere principalmente due diversi orientamenti in merito all’austerità e alla tendenza intergovernativa rispetto alla gestione della crisi. Da un lato é stata espressa una forte contestazione, riassumibile nella frase “l’Europa sta andando nella direzione sbagliata”, pronunciata da uno dei partecipanti più autorevoli. La posizione sottolineava essenzialmente i dimostrati effetti recessivi (tesi sostenuta dall’FMI e da Krugman) di politiche di austerità realizzate durante periodi di crisi economica. Secondo questa tesi, l’austerità (in precise condizioni economiche) condurrebbe verso devastanti circoli viziosi di peggioramento dei fondamentali economici e il mancato raggiungimento di obiettivi di politica economica.

Dall’altro lato, i promotori delle attuali forme di gestione della crisi hanno sottolineato la natura profondamente riformatrice di aiuti sostanziali legati a regole certe, sostenendo che le cause degli importanti dissesti dei conti pubblici di alcuni paesi membri siano dovuti a cause significativamente endogene. Considerata la competenza nazionale esclusiva in materia, i governi di questi Stati potrebbero ottenere risultati importanti disponendo attivamente degli innumerevoli strumenti macroeconomici a loro disposizione e di un accesso al credito a tassi di interesse molto bassi.

Malgrado le due prospettive diverse sulla gestione della crisi, vi sono stati altri spunti di riflessioni più condivisi, quali l’utilità di vincoli di sostenibilità economico-sociale del bilancio nazionale e la riforma dei mercati del lavoro, sia nei Paesi in difficoltà, sia nelle economie in crescita, in quanto, per entrambe le categorie di Stati, la produttività ed il costo del lavoro dovranno evolversi secondo logiche di mercato di respiro europeo (maggiore mobilità) e certamente meno viziate da bolle speculative, capaci di deteriorare rapidamente la produttività di un settore e dei lavoratori di un Paese rispetto ai mercati limitrofi e al resto del mondo. Inoltre, il crescente populismo é stato considerato, dai partecipanti, una chiara reazione alle  condizioni economiche attuali, oltre a rappresentare un indebolimento delle forze europeiste e integratrici a vantaggio di forze centripete che, a seconda del risultato delle prossime elezioni europee, potranno influenzare gli indirizzi futuri delle istituzioni europee.

In conclusione, le opinioni sull’attuale conduzione della crisi da parte dei diversi attori coinvolti appaiono piuttosto divergenti tra una critica all’insieme di misure sostanzialmente recessive e socialmente rilevanti e il supporto al rigore quale mezzo di riforma di impianti statali inefficienti, causa endogena di molti dei problemi di bilancio che affliggono i paesi in crisi. Malgrado queste differenze, si guarda alle prossime elezioni politiche europee con interesse, in quanto è nel confronto politico che molte di queste opposte tensioni si potranno comporre in un indirizzo più coerente.

 

di Mattia Salamanca Orrego

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