Alta tensione fra Iran e Arabia Saudita

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Per coloro che speravano, per il 2016, in un qualche spiraglio di luce che attenuasse le forti turbolenze e i venti di guerra che soffiano da anni sul Medio oriente, l’esecuzione di 47 persone, considerate “terroristi” da parte dell’Arabia Saudita ha spazzato via, con violenza, quelle tenui speranze. Al di là di ogni considerazione legata al rispetto dei diritti dell’uomo o alla pena di morte, fra le 47 persone giustiziate, quasi tutte sunnite, c’era anche un leader sciita, Nimr al Nimr. E’ stata l’esecuzione che ha dato fuoco alle polveri dei già difficili e conflittuali rapporti fra Arabia Saudita, monarchia e potenza sunnita, e Iran, Repubblica islamica e rappresentante dello sciismo nella regione. I canali diplomatici fra i due Paesi sono stati interrotti e, se si considera che questi stessi Paesi si affrontano indirettamente in Siria, nello Yemen e in Iraq, la prospettiva, per quanto debole e fragile sia, di una soluzione diplomatica sui vari teatri di guerra, si allontana sempre più.

Questo nuovo scontro fra i due Paesi alimenta quindi, e approfondisce ancor più, l’antica linea di separazione fra sunniti e sciiti nella regione e rimette in luce le rispettive rivalità egemoniche, non solo da un punto di vista religioso ma anche e soprattutto di potere.  Tali rapporti di rivalità hanno avuto nella storia fasi alterne, ma sono divenuti particolarmente acuti a partire soprattutto dal 1979, anno della Rivoluzione iraniana e dell’arrivo al potere dell’ayatollah Khomeyni, il quale aveva come obiettivo politico di esportare la rivoluzione islamica sciita nell’insieme del mondo musulmano.

Alcune delle tappe più significative che hanno segnato la rivalità politica dei due Paesi sono in particolare la guerra Iran-Iraq fra il 1980 e il 1988, dove Riyadh si schiera ovviamente e apertamente con l’Iraq ; dopo una relativa calma negli anni novanta, la guerra del 2003 in Iraq e la caduta di Saddam Hussein, sunnita, riportano le inquietudini saudite al massimo con la nomina al potere dello sciita Nouri al Maliki (e ora Haider Al Abadi) e la conseguente prospettiva di una maggiore influenza iraniana sul Paese. Seguono poi le Primavere arabe e, in particolare oggi, le guerre in Siria e nello Yemen; il consolidarsi del sedicente Stato islamico sunnita in Siria e in Iraq e le opposte coalizioni che, presumibilmente, lo combattono. Completa il quadro l’accordo sul nucleare iraniano e il ritorno dell’Iran sullo scacchiere regionale e internazionale, senza dimenticare, in prospettiva, con il progressivo ritiro delle sanzioni economiche, il ruolo che avrà l‘esportazione di petrolio iraniano sulle relazioni fra i due Paesi.

Ed è sullo sfondo di questo scenario che la nuova e più aggressiva dirigenza saudita ha messo in atto l’esecuzione del religioso sciita, mandando un chiaro e provocatorio segnale di forza contro Teheran e contro il suo temuto espansionismo. Questo scenario è tuttavia anche un intreccio di molteplici interessi geopolitici ed economici, caratterizzato dalla lotta al terrorismo di Daesh e da una presenza delle potenze mondiali, Stati Uniti e Russia in particolare, schierate con alleati e approcci diversi rispetto alla soluzione dei vari conflitti in corso.

Una delle conseguenze già prevedibili è quella della rimessa in discussione della presenza dei due principali attori regionali al processo multinazionale che ha portato, il 19 dicembre scorso, al piano delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco e l’inizio di colloqui di pace tra le parti coinvolte in Siria. Non solo, ma mette in serio pericolo anche la prosecuzione dei colloqui per la pace in Yemen, iniziati a metà dicembre e la cui ripresa è prevista per il 14 gennaio prossimo. Ricordiamo qui che questo conflitto, condotto in primo luogo da una coalizione guidata dall’Arabia saudita contro i ribelli Houthi sciiti, si è molto rapidamente trasformato in una catastrofe umanitaria con più di 5 mila vittime e un milione di persone sfollate.

Tutto ciò, purtroppo, allontana ancora una volta quelle speranze di pace in Medio Oriente, oggi crocevia di nuovi e antichi conflitti, di nuove e antiche sofferenze.

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