Al Consiglio Europeo l’UE in difesa

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Due giorni di confronto, la settimana scorsa, al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo e due deliberazioni con la difesa al centro: dall’aggressione della pandemia e dalle critiche alla gestione dei vaccini all’interno e dalle minacce alla sicurezza per possibili attacchi dall’esterno ai Paesi UE. 

La persistente crisi sanitaria che sta flagellando il mondo e l’Europa è stata al centro della prima giornata dei lavori: dopo aver convenuto sulla necessità di limitare gli spostamenti non necessari, il Consiglio ha affrontato il tema bollente dei vaccini, sottolineando l’esigenza di “accelerare d’urgenza l’autorizzazione dei vaccini, la loro produzione e distribuzione e la somministrazione”.

Dietro queste espressioni non proprio inattese pesa come un macigno la gestione del problema dei vaccini da parte della Commissione europea cui va dato il merito di aver assunto un impegno al quale non la obbligavano esplicitamente i Trattati, ma non va nemmeno nascosta la difficoltà per l’UE di riuscire nell’intento. Molte le critiche indirizzate a questo proposito alla Commissione sia per come ha dovuto gestire i contratti, in particolare per quanto riguarda tempi e costi dell’operazione, sia per la debolezza mostrata finora nei confronti del potente complesso di Big Pharma. 

Quest’ultimo aspetto tocca da vicino la protezione dei brevetti dei vaccini, vincoli che confliggono con la protezione della salute delle persone. Si fa strada, anche se tardivamente, la richiesta da parte dei poteri pubblici di derogare, almeno parzialmente, a questi vincoli in considerazione delle dimensioni straordinarie della pandemia che impone di considerare il vaccino come un “bene comune” con l’obiettivo di consentire una tempestiva fruizione universale. Tutto questo nel rispetto dei Trattati internazionali che prevedono un simile intervento. Si tratta di poter disporre di quantità adeguate, disponibili per tutti i Paesi, compresi quelli in difficoltà economica nel mondo, come previsto dal nuovo meccanismo COVAX a favore di 92 Paesi che hanno difficoltà a procurarsi i vaccini.

La seconda giornata del confronto è stata destinata a un tema antico e molto carsico, che riappare periodicamente nell’Unione Europea, fin da quando nel 1954 venne affondata dalla Francia la Comunità europea della difesa (CED) e una politica di sicurezza comune. Con la nuova congiuntura politica americana e con il ritorno ad un approccio multilaterale anche nel settore della sicurezza, una svolta potrebbe delinearsi anche per l’Alleanza atlantica. Nella NATO l’Unione dovrà riposizionarsi di fronte a Joe Biden, tenendo conto delle tensioni dello spazio occidentale con la Cina e la Russia, ma anche con la Turchia, un’alleata dai comportamenti disinvolti e a tratti ambigui.

La posizione del Consiglio europeo rivela divergenze: da una parte la Francia, con la sua proposta di “autonomia strategica” dell’UE a fianco della NATO, forse anche per riparare all’errore politico del 1954; dall’altra la Germania, maggiormente in fase con gli USA e meno disponibile a iniziative fuori dell’Alleanza, salvo nei casi in cui la NATO non può o non ritiene opportuno intervenire. A complicare il quadro la fiducia incondizionata dei Paesi dell’est che sentono ancora sul collo il fiato della Russia e vorrebbero piuttosto che venisse rafforzata la presenza degli USA in Europa. 

Un intreccio di difficile soluzione alla quale proprio l’Italia di Draghi, “atlantista ed europeista”,  potrebbe dare un contributo prezioso, mediando in favore di una “partenariato rafforzato USA-UE” tra le ambizioni francesi e la tradizionale riluttanza tedesca a mostrarsi protagonista in Europa in materia di difesa autonoma. 

La crescita costante dei rischi alle nostre frontiere e nello spazio con aggressioni cybernetiche potrebbe finalmente indurre l’Unione Europea a fare un passo avanti, cominciando in materia da cooperazioni rafforzate tra i Paesi UE, come già è avvenuto, magari adesso con la partecipazione anche dell’Italia, rimasta finora in panchina a guardare.

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