UE, nuova stretta sui rimpatri: più poteri agli Stati e meno tutele per i migranti

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L’8 dicembre scorso, il Consiglio dell’Unione europea ha raggiunto un accordo su una nuova legge che punta a rafforzare e velocizzare i rimpatri dei cittadini di Paesi terzi che soggiornano irregolarmente nell’UE. L’intesa, che rappresenta la posizione comune degli Stati membri, apre ora la strada ai negoziati con il Parlamento europeo, ma ha già sollevato forti critiche da parte di associazioni per i diritti umani e organizzazioni della società civile.

Il provvedimento introduce regole comuni europee sui rimpatri, superando le normative nazionali, con l’obiettivo dichiarato di aumentare il numero di espulsioni effettive. Secondo la Commissione e il Consiglio, l’attuale sistema è inefficiente; secondo i critici, invece, la riforma rischia di concentrarsi più sulla repressione che sulle garanzie legali e umanitarie.

Uno degli elementi centrali è l’Ordine di Rimpatrio Europeo, un modulo standard valido in tutta l’UE che verrà registrato nel Sistema d’informazione Schengen (SIS). In questo modo, una decisione presa in uno Stato membro potrà seguire la persona anche se si sposta in un altro Paese europeo. Per le organizzazioni umanitarie, questo meccanismo rischia di limitare di fatto la possibilità di presentare nuovi ricorsi o richieste di tutela in un altro Stato.

La proposta prevede obblighi più rigidi per le persone destinatarie di un rimpatrio, imponendo la cooperazione con le autorità per l’identificazione e l’organizzazione del ritorno. In caso di mancata collaborazione, gli Stati potranno applicare sanzioni, tra cui la revoca di benefici, il ritiro di permessi e, in alcuni casi, anche misure penali. Un approccio che, secondo i critici, può colpire soprattutto persone già in condizioni di forte vulnerabilità.

Ancora più controverse sono le misure previste per chi viene considerato un rischio per la sicurezza. Il testo consente periodi di trattenimento più lunghi e divieti di ingresso nell’UE che possono superare i dieci anni o, in casi eccezionali, diventare di durata indeterminata. È inoltre prevista la possibilità di trattenere queste persone anche in strutture come le carceri, una scelta che solleva interrogativi sulla proporzionalità delle misure e sul rispetto dei diritti fondamentali.

La riforma apre anche alla mutua esecuzione delle decisioni di rimpatrio tra Stati membri, permettendo a un Paese di applicare una decisione presa da un altro. In una prima fase il sistema sarà facoltativo, ma la Commissione potrà proporne l’obbligatorietà dopo una valutazione. Secondo i detrattori, questo rafforza un meccanismo di “catena dei rimpatri” con controlli giuridici più deboli.

La nuova legge sui rimpatri si inserisce nel quadro del Patto europeo su migrazione e asilo, approvato nel 2024, che segna una svolta restrittiva nella gestione dei flussi migratori. Il testo dovrà ora essere discusso dal Parlamento europeo, dove si preannuncia un confronto acceso tra chi invoca maggiore sicurezza e controllo delle frontiere e chi teme un arretramento delle tutele per i diritti delle persone migranti.

Per ulteriori informazioni: Accordo in seno al consiglio sul rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

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