Il ritorno sulla scena dell’Unione europea

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Forse l’Unione Europea non è così irrilevante nel mondo contemporanea come è stata insistentemente descritta. Certo la centralità dell’Europa nel mondo si è andata progressivamente  riducendo nel Novecento, il secolo di due guerre mondiali suicide per l’Europa, della decolonizzazione non governata e dell’emersione di nuove potenze fuori dallo spazio occidentale.

Sarebbe però sbagliato dimenticare che, in quel nuovo mondo che si andava formando, prendeva democraticamente forma in una parte d’Europa una straordinaria avventura pacifica di Sei Paesi, ex-belligeranti tra di loro, impegnati nella costruzione di un’inedita Comunità europea che, con successive trasformazioni ed allargamenti, è diventata l’Unione Europea di oggi. Alle sue spalle una storia di successi, errori ed occasioni mancate, ma una realtà saldamente ancorata allo Stato di diritto, una rete di faticose solidarietà, in dialogo costante nelle sedi multilaterali per il rispetto delle regole della convivenza pacifica. 

Non tutto è andato nel verso giusto ma abbastanza per non invidiare altre potenze mondiali che, non a caso, oggi la stanno mettendo al centro dei loro attacchi: politici, commerciali e militari. Sta diventando questa la sua nuova centralità, certamente ad alto rischio, ma anche una conferma per il coraggio di aver tentato la costruzione di una “democrazia tra le nazioni”, diventata oggi bersaglio di dittature e autocrazie, tanto da est che da ovest.

Il ritorno di un protagonismo UE, in parte tardivo ma reale, a fianco dell’Ucraina aggredita dalla Russia e tradita dagli Stati Uniti, sta riportando l’Unione Europea al centro della storia, ultimo argine alle derive imperiali, in crescita a est e ad ovest, pronte a liquidare le regole e le protezioni attivate all’indomani della Seconda guerra mondiale. Non è agevole reagire a queste aggressioni quando si opera in relativa solitudine, con poche voci ad intervenire controcorrente per non disturbare i predatori del momento, quelli che non aspettano altro che la resa dell’Ucraina, il progressivo smantellamento del diritto internazionale e la rinuncia alla dignità di popoli oppressi.

Il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo del 18-19 dicembre segna per l’UE una data importante, quella di mettere la sua ritrovata centralità a servizio del diritto e di una pace “meno ingiusta” per l’Ucraina, correndo il rischio di una tensione inedita e di pesanti ritorsioni da parte della Russia, per sostenere l’Ucraina, le verranno bloccati a tempo indeterminato i suoi depositi miliardari in Europa. 

Per il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo una decisione non facile, ma tutta ad onore di chi se ne assume la responsabilità, contro l’opposizione di Ungheria e Slovacchia e le ambiguità di altri governi, tra i quali quello italiano, ancora una volta vittima delle sue ambiguità.

Nel quadro delle aggressioni verbali, e non solo, dell’incolto Trump all’Europa, giudicata a rischio di “cancellazione di civiltà”,  una tale decisione a sostegno del diritto internazionale sarebbe una buona, anche se tardiva, risposta all’appello di papa Francesco nel 2016: “Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.

A quasi dieci anni di distanza da quell’accorato appello, l’Unione Europea ha finalmente l’occasione per rispondere e cominciare a riscattarsi. 

Un’occasione da non perdere. Per non perdersi. 

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