Elezioni presidenziali in Romania: al ballottaggio George Simion e Nicușor Dan, escluso il candidato della coalizione di governo

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Le elezioni presidenziali rumene del 2025, tenutesi il 4 maggio, hanno registrato un risultato inatteso che ridisegna il panorama politico nazionale. Otto candidati si sono sfidati per la carica più alta dello Stato, ma solo due hanno conquistato il pass per il ballottaggio previsto per il 18 maggio. A contendersi la presidenza saranno George Simion, leader del partito nazional-conservatore AUR, e Nicușor Dan, attuale sindaco di Bucarest e candidato indipendente, sostenuto da un’area trasversale di elettori.

Tra i candidati esclusi spicca il nome di Crin Antonescu, figura storica della politica rumena e sostenuto dalla grande coalizione di governo formata dal Partito Socialdemocratico (PSD) e dal Partito Nazionale Liberale (PNL). Nonostante il sostegno istituzionale e una lunga esperienza politica, Antonescu si è fermato al terzo posto, con il 20,07% dei voti. Poco più indietro, con il 13%, l’ex primo ministro Victor Ponta, mentre Elena Lasconi, sindaca di Câmpulung e candidata della formazione civica USR, ha ottenuto appena il 2,97%.

Il primo turno si è dunque concluso con la netta affermazione di George Simion, che ha ottenuto il 40,96% delle preferenze, confermandosi come principale catalizzatore del voto identitario e anti-establishment. La vera sorpresa, tuttavia, è rappresentata dal secondo classificato: Nicușor Dan, con il 20,99% dei consensi, è riuscito a superare il candidato sostenuto dai principali partiti di governo, facendo leva su una campagna sobria ma efficace, incentrata su trasparenza amministrativa, razionalità e competenza tecnica.

Due profili contrapposti per due visioni del Paese

La contrapposizione tra i due candidati riflette una polarizzazione profonda nell’elettorato. George Simion ha costruito il suo consenso su una retorica fortemente patriottica ed euroscettica, con accenti sovranisti e conservatori, rivolta in particolare alla popolazione giovane e alle comunità rumene all’estero. In questi contesti, la sua proposta politica, fondata sulla difesa dell’identità nazionale e su un linguaggio diretto e spesso provocatorio, ha trovato un terreno fertile. Nei paesi con forte presenza della diaspora, come Italia, Spagna e Germania, Simion ha ottenuto percentuali altissime, sfiorando il 75% in alcuni casi. In totale, ha raccolto oltre 587.000 voti all’estero, conquistando l’80% delle sezioni.

Nicușor Dan rappresenta invece un modello opposto: tecnico, indipendente, distante dalla retorica populista e più vicino al profilo di un amministratore pragmatico. La sua forza risiede nel voto urbano, nel sostegno della diaspora intellettuale e nei segmenti più istruiti dell’elettorato. Particolarmente significativo è stato il risultato ottenuto con il voto per corrispondenza, dove ha raggiunto il 67,12%, e in Moldavia, dove ha superato il 52%. Dan ha saputo intercettare il malcontento di una parte della popolazione che non si riconosce né nell’AUR né nell’establishment politico tradizionale.

Uno scenario incerto in vista del ballottaggio

Con un’affluenza alle urne del 53%, il secondo turno si prospetta come una sfida aperta e carica di implicazioni. Simion parte da una posizione di forza grazie a un elettorato motivato e compatto (soprattutto grazie alla sua promessa di porre Calin Georgescu come Primo Ministro in caso di vittoria), ma dovrà convincere almeno una parte dei votanti moderati per assicurarsi la vittoria finale. Al contrario, Dan dovrà compiere un’autentica impresa politica: allargare il suo bacino di consenso, attrarre gli elettori dei candidati esclusi e proporsi come unica alternativa credibile al radicalismo di Simion.

In questo contesto, sarà decisivo il comportamento dell’elettorato del PSD-PNL: se una parte di esso dovesse scegliere l’astensione, o addirittura convergere su Simion per ragioni ideologiche o di protesta, le possibilità di Dan potrebbero ridursi drasticamente. Tuttavia, la fluidità dell’elettorato rumeno e la tradizionale imprevedibilità del secondo turno lasciano ancora margini di manovra.

In sintesi, il ballottaggio del 18 maggio non sarà solo una competizione elettorale tra due candidati, ma il riflesso di una più ampia scelta di campo tra due visioni opposte della Romania: una fondata sulla rivendicazione identitaria e sul cambiamento radicale, l’altra sulla competenza amministrativa e la moderazione. Come si suol dire, “ride bene chi ride ultimo”: il verdetto delle urne deciderà se la Romania intraprenderà un percorso di rottura o di continuità ragionata.

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