Una speranza per la Libia?

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Si chiama Abdel Hamid Dbeibah ed è il Primo ministro della Libia, a capo di un Governo di unità nazionale nato da un dialogo politico intra-libico sostenuto dalle Nazioni Unite. Il 10 marzo scorso è stato legittimato, a Sirte, dal Parlamento. 

Si tratta di una svolta significativa nell’intricata e recente storia del Paese, dieci anni fatti di guerre civili, di profonde divisioni tra Est e Ovest, di contrapposizioni fra un Governo riconosciuto dall’ONU a Tripoli e guidato da Fayez Al Serraj e una Cirenaica controllata e nelle mani del Generale Khalifa Haftar, senza dimenticare il mosaico di milizie che si fanno la guerra per antichi e nuovi interessi.

Gli ultimi due anni sono stati segnati, in particolare, dai tentativi militari del Generale Haftar di conquistare Tripoli e controllare l’intero Paese, tentativi interrotti, in particolare, dall’ingresso militare della Turchia al fianco di Fayez Al Sarray e del suo Governo agli inizi del 2020. 

Un cessate il fuoco e una tregua siglati il 23 ottobre scorso, benché fragili e spesso violati, oltre a far tacere le armi, hanno tuttavia aperto la strada anche ad una prospettiva politica e di pacificazione, che ha avuto come risultato, per la prima volta dal 2014, la costituzione di questo governo unitario e legittimo, chiamato a portare il Paese alle elezioni entro la fine dell’anno. E’ quindi un governo temporaneo e limitato al 24 dicembre 2021, con il gravoso compito di costruire l’unità della popolazione libica, la riconciliazione nazionale e l’unificazione delle Istituzioni statali. 

Se da una parte si apre uno spiraglio di speranza per la stabilità politica ed economica del Paese, dall’altra non ci si può nascondere tutte le difficoltà per attuare una tale transizione. In primo luogo è ancora molto importante la presenza di potenze straniere che hanno sostenuto le rivalità libiche e che mantengono interessi geostrategici nel Paese, in particolare e su fronti opposti, Russia e Turchia. In secondo luogo, proprio in questi giorni di insediamento del nuovo Governo l’ONU ha pubblicato un voluminoso rapporto che denuncia la violazione sistematica dell’embargo sulle armi verso la Libia, definendolo di una totale inefficacia. Entrano, malgrado le sanzioni ONU e senza poter essere intercettate, armi pesanti di ogni genere, cosa che non può far altro che inquietare per un futuro di riconciliazione. Al riguardo tuttavia una nota di apprezzamento dell’ONU per l’Unione Europea, sola al timone dell’operazione Irini nel Mediterraneo per difendere l’embargo. L’ONU punta in particolare il dito contro la Russia, la Turchia (membro della NATO), l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti e la Giordania. 

Sul versante europeo, in particolare per l’Italia, la prospettiva di una stabilizzazione della Libia resta una priorità strategica. Il nuovo Governo di unità nazionale di Dbeibah ha avuto il merito di alleggerire le divisioni europee che riaffioravano regolarmente nei confronti di una strategia di sostegno agli attori del conflitto libico, divisioni particolarmente evidenti fra Francia e Italia. L’importanza di una soluzione del conflitto non si limita tuttavia alla sola Libia, ma ha anche importanti ripercussioni sull’Africa, visto che il Paese segna un confine e una porta verso il Sahel dove gruppi armati jihadisti sono attivi e imperversano in un’area più grande dell’Europa e dove, da tempo, la Francia impegnata in prima fila nella zona, chiede maggiore sostegno e cooperazione. Una richiesta che sembra riscuotere non solo più impegno da parte dell’Italia, ma anche da altri Paesi dell’Unione. 

La Libia quindi ad una svolta della sua storia, una storia e un futuro fortemente legati anche alla determinazione e all’unione dell’Europa.

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