Un’Europa più anziana, più fragile e meno popolosa: le proiezioni demografiche e il futuro del continente

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La Commissione pubblica la “Relazione sull’impatto dei cambiamenti demografici”

Meno popolosa, più anziana, più a rischio: è questo, in estrema sintesi, il quadro sull’Europa del futuro tratteggiato dalla Commissione europea, che ha presentato la sua prima “Relazione sull’impatto dei cambiamenti demografici”.

La relazione, nella quale sono descritte le principali tendenze demografiche nelle varie regioni d’Europa sino al 2070 (sulla base dei dati 2018-2019), costituirà il punto di partenza per l’elaborazione delle strategie politiche da attuarsi, che confluiranno nel futuro “libro verde sull’invecchiamento” e su strategie ad hoc per le zone rurali.

Passiamo rapidamente in analisi alcuni dei dati più significativi.

Un’Europa più anziana

L’aspettativa di vita sul continente non è mai stata così alta, avendo registrato una crescita media di 10 anni nel corso dell’ultimo mezzo secolo. Si registrano significative differenze tra le regioni e i Paesi dell’area mediterranea, nei quali il dato si attesta frequentemente sui – o oltre – gli 83 anni di età, e i Paesi dell’Est e del Baltico, nei quali il dato spesso non supera i 76 anni. Altrettanto significativo il divario tra uomini e donne, che vede le seconde prevalere con 83,7 anni contro i 78,2 dei primi, in un range variabile tra i 3 anni in più dei Paesi Bassi e i quasi 10 anni in più registrati in Lituania (media europea di poco inferiore ai 6 anni, in Italia leggermente superiore ai 4).

Il prossimi 50 anni prospettano un ulteriore periodo di crescita a ritmi sostenuti, che innalzerà l’aspettativa a 86,1 anni per gli uomini e 90,3 per le donne.

Combinato al dato sulla natalità illustrato nel paragrafo successivo, tale fenomeno comporterà un sostanziale aumento dell’età media della popolazione, portandola da 44 a 49 anni; gli over 65% costituiranno il 30% della popolazione (contro il 20% attuale), mentre gli over 80% saliranno al 13%.

Un’Europa meno popolosa

Il tasso di natalità in Europa ha registrato una decrescita quasi continua a partire dagli anni ‘60, per poi stabilizzarsi dopo un breve periodo di crescita negli anni 2000.

La soglia necessaria per mantenere stabile la popolazione europea al netto dell’imigrazione dall’estero è pari a 2,1 bambini per donna: i dati più recenti indicano tuttavia la nascita di 1,55 bambini per ogni donna, con un’età media al parto di 30,8 anni. Anche in questo caso sussistono rilevanti differenze a livello regionale europeo: particolarmente elevato il dato relativo a Francia, Irlanda, Romania, Svezia, con tassi frequentemente superiori a 1,75 o 2 bambini per donna; sostanzialmente inferiori alla media i dati di Italia, Spagna, Grecia e Polonia, che si attestano, salvo rare eccezioni locali, al di sotto di 1,50 o 1,25 bambini per donna.

Conseguentemente, la popolazione complessiva, attualmente ancora in leggera crescita, inizierà a calare a partire dagli anni ‘30 – al netto dell’evoluzione dei flussi migratori -, attestandosi su 424 milioni di individui nel 2070 rispetto ai 447 milioni attuali. L’Italia è parte di quei Paesi che sperimenteranno un interrotto periodo di decrescita demografica, insieme a Bulgaria, Grecia, Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania. Crescerà, al contrario, la popolazione di Danimarca, Irlanda, Cipro, Lussemburgo, Malta e Svezia.

Gli altri Paesi, dopo una crescita iniziale, registreranno a loro volta numeri calanti.

Un’Europa più fragile, in casa e nel mondo

Quanto illustrato nei paragrafi precedenti avrà un impatto non indifferente sul tessuto socio-economico europeo.

La popolazione in età da lavoro si ridurrà drasticamente, passando da 265 milioni a 220 milioni di abitanti; parallelamente, il rapporto tra lavoratori e pensionati peggiorerà, scendendo dal 2,9 : 1 attuale a 1,7 : 1, ponendo a serio rischio la tenuta dei sistemi previdenziali. L’invecchiamento della popolazione si rifletterà altresì sui costi sostenuti dai sistemi sanitari, in particolar modo per via delle malattie croniche: tali disturbi, che interessano attualmente 50 milioni di europei – per lo più di età superiore ai 65 anni – costituiscono già oltre il 70% dei costi sostenuti per le politiche di assistenza sanitaria.

I cambiamenti demografici ridimensioneranno altresì il peso politico dell’Europa sulla scena geopolitica internazionale: gli europei costituiranno il 4% della popolazione globale – in calo rispetto al 6% attuale – a fronte della crescita esponenziale della popolazione di altri continenti (in particolare l’Africa, la cui popolazione costituirà il 32% della popolazione globale; la quota relativa all’Asia, da par suo, calerà leggermente, attestandosi intorno al 55%). Il ridimensionamento europeo sulla scena globale investirà altresì la sfera economica: la quota del PIL globale prodotta nel continente ha già registrato una significativa riduzione negli ultimi 20 anni, passando dal 18,3% del 2004 al 14,3 del 2018: viste le attuali proiezioni demografiche, è molto probabile che tale decrescita rimanga costante nei decenni a venire.

Per approfondire: il comunicato della Commissione, la relazione in sintesi, la relazione in versione integrale, factsheet sull’Italia

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