Trump e la geopolitica degli “Stretti” e delle terre rare

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Sono ormai trascorsi i primi cento giorni della nuova Amministrazione Trump e il mondo si ritrova ad affrontare cambiamenti e nuove prospettive geopolitiche dai risvolti ancora molto incerti. Certo è che alle guerre vere e proprio che non trovano la soluzione tanto facilmente annunciata dal Presidente americano, altre guerre, economiche e commerciali in particolare, si sono accese mettendo in serio pericolo la crescita mondiale e la globalizzazione.

Hanno sorpreso in questo primo periodo, ad esempio, le dichiarazioni di Trump su alcune politiche che portano a valutare l’importanza strategica per gli Stati Uniti di alcuni progetti annunciati di annessioni territoriali, di controllo di mari e di stretti, politiche ancora in sospeso ma non per questo abbandonate nella testa del Presidente.

Un primo annuncio è stato fatto nei confronti del Canale di Panama, una delle vie d’acqua più importanti al mondo attraverso la quale transitano milioni di tonnellate di merci provenienti dal mondo intero. Collega l’Atlantico al Pacifico ed è diventato uno degli assi principali del commercio internazionale. Trump vorrebbe che la sua gestione, nelle mani degli Stati Uniti fino al 1977 ma passata completamente a Panama nel 1999 per garantire la neutralità della zona, tornasse nelle mani di Washington. 

Le odierne fonti economiche indicano gli Stati Unit come principale utente del Canale, seguito dalla Cina la quale, attraverso ingenti investimenti infrastrutturali e accordi commerciali, ha fortemente segnato la sua presenza e alimentato la competizione geopolitica  con gli USA nella regione. Resta il fatto che la prospettiva politica di Trump è in netto contrasto con il diritto internazionale.

Altro Stretto particolarmente sensibile, ma già oggetto oggi di intervento militare americano (e non solo) contro gli Houthi dello Yemen nel contesto della guerra in Medio Oriente è il Canale di Suez, uno degli snodi fondamentali del commercio marittimo globale, stimato a più del 12% e strategico punto di passaggio commerciale  fra Medio Oriente ed Europa. Dal canale di Suez transitano circa il 30% dei container e circa il 10% del petrolio. 

Ma le mire di Trump si sono estese anche ad altre zone, come ad esempio la “conquista” della Groenlandia, ritenuta da Trump di importanza vitale per gli Stati Uniti. Tuttavia, la Groenlandia fa parte del Regno di Danimarca dal 1814, è autonoma dal 1979 e potrebbe scegliere di diventare indipendente attraverso un referendum. Tre le ragioni dell’importanza dell’Isola per Trump : la difesa, il commercio e un’abbondanza di terre rare e minerali critici. L’Isola è ricoperta all’80% di ghiaccio e con lo scioglimento in corso, l’Isola mette in facile evidenza ricchezze minerarie e fossili di grande interesse. 

Inoltre, geograficamente, la Groenlandia fa da collegamento fra l’Oceano Artico e l’Atlantico. Con l’aumento delle temperature al Polo Nord, si potrebbero aprire nuove rotte commerciali fra Asia e Europa, diventando terreno di interesse strategico per il commercio mondiale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per la Russia (compreso il sistema di sorveglianza militare del Polo Nord)  e per la Cina. Pechino, al riguardo, aveva già illustrato, nel 2017,  il lungimirante progetto di “Via della Seta Polare”. Non è difficile capire perché Trump vorrà fare di tutto per controllare la Groenlandia ed evitare che cada sotto influenza di Mosca o di Pechino. 

Ultimo desiderio, annettere il Canada agli Stati Uniti, una prospettiva assai improbabile, motivata da Trump nel modo seguente : “non ci sarebbero tariffe, le tasse scenderebbero e i canadesi sarebbero totalmente al sicuro dalle navi russe e cinesi che gli girano intorno continuamente”.

Nel frattempo, le vere guerre in corso continuano, ma con un primo risultato economico per gli Stati Uniti : la firma con l’Ucraina, entro fine aprile,  di un accordo sulle terre rare. L’altro volto di un’introvabile pace.

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