Se adesso tocca all’Europa liberare l’America

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Succede nella storia che venga il momento di restituire quanto si è ricevuto, spesso è anche un dovere. Accade nella vita personale a chi è cresciuto grazie alla generosità di amici, può accadere anche a delle comunità aiutate a superare momenti difficili da altre comunità vicine ed alleate.

Forse qualcosa del genere sta succedendo all’Europa nei confronti degli Stati Uniti d’America, a oltre ottant’anni da quando ci sono venuti in soccorso per aiutarci a liberarci dalle dittature nazifasciste che ci avevano privati della democrazia per lunghi anni.

Se avessimo imparato la lezione, adesso da europei riconoscenti, non dovremmo perdere altro tempo e non aspettare anni, che magari rischiamo di non avere a disposizione, per venire in soccorso ai cittadini americani che vedono la loro democrazia minacciata dentro casa loro.

Non è la prima volta nella storia che il potere conquistato con le elezioni non mette al sicuro la democrazia e noi europei ne sappiamo qualcosa e anche da questo dovremmo aver imparato ad intervenire prima che sia troppo tardi.

Non basta infatti agli Stati Uniti, ritenuta la più antica democrazia, aver espresso con libere elezioni un Presidente, forte di una significativa maggioranza di voti, per essere tranquilli su una gestione democratica del mandato ricevuto.

Quello a cui abbiamo assistito nei primi cento giorni della presidenza di Donald Trump non è rassicurante per la democrazia americana e per le ricadute che il suo deterioramento potrebbe avere anche su quelle europee che, già di loro, non godono di gran buona salute.

La pratica degli “ordini esecutivi” sparati quotidianamente a destra e a manca, l‘incapacità di reazione dei contro-poteri istituzionali, dal Congresso alla magistratura, l’attacco alla libera espressione, le disinvolte infrazioni allo Stato di diritto, la censura operata nei confronti delle Università, le pratiche persecutorie contro gli immigrati, la rottura delle relazioni multilaterali, il tradimento delle alleanze liberamente sottoscritte sono solo una parte della lunga lista di malattie  quotidiane della vita democratica che, se non fermate in tempo, possono provocare una pandemia anche al di fuori dei confini americani.

Il rischio di contagio infatti è alto anche in Europa, dove alcuni Paesi sembrano guardare con simpatia e devozione a quanto avviene oltre-Atlantico, qualcuno addirittura pronto a genuflettere davanti al neo-imperatore, come si conviene ad un vassallo fedele.

E’ venuto il momento, ed è adesso per l’Europa, di riscoprire la sua storia, rialimentarsi alla sua cultura che, fin dalla Grecia antica, ci ha insegnato a ragionare rispettando il principio di non-contraddizione, a distinguere tra verità e menzogna, ad onorare la parola data rispettando gli accordi sottoscritti e affidando il compito di dirimere le controversie alla forza del diritto e a non al preteso diritto della forza. 

Magari anche ricordandoci delle lezioni del padre della nostra modernità, Immanuel Kant, devoto alla ragione, pur con tutti i suoi limiti e al dialogo nella ricerca della “pace perpetua”, un orizzonte cui tendere, senza scoraggiarsi per l’eterna strada in salita che l’aspetta.

Due compiti essenziali spettano oggi all’Europa: non sottrarsi ad uno sguardo autocritico sui suoi errori, le sue omissioni e le debolezze della sua democrazia, ma nel contempo ritrovare i valori fondativi di un’antica civiltà che ci ha affidato non solo un patrimonio di bellezze senza pari, ma anche il dovere di condividerlo con il resto del mondo. 

Senza la pretesa di esportare la democrazia in altri Paesi sovrani, ma anche senza esitare a proteggere la nostra, facendo leva su una progressiva sovranità europea.   

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