La banalità del bene: Ernesto Rossi

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Prendendo spunto dal celebre libro di Hannah Arendt “La banalità del male”, questa rubrica vuole essere una provocazione al contrario, con l’obiettivo di narrare storie di eroici personaggi più o meno contemporanei che hanno segnato la storia per i loro sacrifici e la loro immolazione a favore di un progresso umano. La rubrica mensile vuole essere un atto di descrizione di come il bene possa esistere, e il titolo vuole essere una provocazione per dimostrare come la ricerca del progresso non sia banale, ma, al contrario, di come possa essere un umano atto eroico.

Ernesto Rossi

“Se ci domandiamo a cosa approdano tutti i nostri sforzi e tutte le nostre angosce non sappiamo trovare altre risposte fuori di quelle che dava Leopardi: si gira su noi stessi come trottole, finché il moto si rallenta, le passioni si spengono e il meccanismo si rompe”.

 

Biografia e storia

Ernesto Rossi nasce a Caserta il 25 agosto 1897 e, insieme ad Altiero Spinelli e a Eugenio Colorni, viene ricordato come uno dei principali promotori del federalismo europeo.

Ernesto Rossi, dopo essere stato volontario nella prima guerra mondiale, provò forti sentimenti di disprezzo verso la classe politica incapace di slanci ideali e si avvicinò ai nazionalisti collaborando con il giornale diretto da Benito Mussolini “Popolo d’Italia” per 3 anni. Fu solamente la conoscenza di Gaetano Salvemini, avvenuta nello stesso periodo, che gli permise di instaurare un legame di stima e amicizia che lo allontanarono radicalmente dall’ideologia fascista. Questa conoscenza venne riconosciuta dallo stesso Rossi come il mezzo grazie al quale riuscì a “ripulirsi il cervello da tutti i sottoprodotti della passione suscitata dalla bestialità dei fascisti e dalla menzogna della propaganda governativa”.

La sua lotta al fascismo lo portò ad essere dirigente dell’organizzazione interna di Giustizia e Libertà, scelta che gli costò la condanna da parte del Tribunale Speciale a venti anni di carcere. Scontò nove anni della sua pena in carcere e altri quattro nell’isola di Ventotene dove, con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, lavorarono sul Manifesto di Ventotene.

La fine della guerra aderì al Partito Radicale, ma dedicò il resto della sua carriera alla scrittura di libri e al giornalismo d’inchiesta.

Ernesto Rossi si spegnerà a Roma il 9 febbraio 1967.

A proposito di Europa..

Una citazione sempre attuale:
“Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.
La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.”

Da: Il manifesto di Ventotene

 A cura di Francesca Cavallera

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