La storia d’Europa ha spesso avuto la Francia come uno dei suoi principali protagonisti, fino da secoli lontani. Un protagonista che si è manifestato a più riprese anche nel processo di integrazione europea, a volte in suo sostegno, altre volte frenandolo.
Per limitarci alla storia dell’integrazione europea, la Francia l’ha sicuramente segnata con sue figure importanti, come nei primi anni ‘50 con Robert Schuman e Jean Monnet, gli architetti delle prime Comunità europee, più tardi con politici capaci di visione come Simone Weil, prima presidente del Parlamento europeo eletto a suffragio universale, François Mitterand e Jacques Delors, artefici del Trattato di Maastricht e della moneta unica. Molto meno “europeista” il Generale Charles De Gaulle, europeista non privo di contraddizioni l’attuale presidente francese, Emmanuel Macron.
A De Gaulle dobbiamo la crisi della “sedia vuota” quando la Francia si autosospese provvisoriamente dal Consiglio della Comunità, in difesa della sua agricoltura: prese origine in quel contesto il “compromesso del Lussemburgo”, un varco aperto verso il cappio odierno del voto all’unanimità.
Sulla strada in salita dell’integrazione europea due in particolare sono state ad oggi le frenate imposte dalla Francia: l’affondamento nel 1954 della Comunità europea della difesa (CED) e nel 2005 quello del Progetto di Costituzione europea. Dalla prima frenata non ci siamo ancora ripresi oggi con questa Unione Europea priva di una politica comune di difesa, anche se non va dimenticata l’iniziativa, in parte “riparatoria”, di Macron per la creazione di una “coalizione di volenterosi” a sostegno dell’Ucraina.
Con l’affondamento del Progetto di Costituzione, ad opera – sembra oggi – di destre e sinistre convergenti, l’Unione Europea ha dovuto rinunciare ad un importante passo avanti verso una sovranità europea, quanto mai necessaria mentre l’Unione si allargava coraggiosamente verso Est.
Una parte rilevante delle novità previste venne recuperata, purtroppo senza un adeguato coinvolgimento popolare, nel Trattato di Lisbona, entrato in vigore a fine 2009, ma depotenziato da un punto di vista di forza giuridica e politico.
Da chiedersi adesso se non siamo in Francia alla vigilia di un “non c’è due senza tre”, in una stagione ad alto rischio per l’UE, minacciata dalla Russia e tradita dal suo tradizionale alleato USA, mentre tanto in Ucraina che in Palestina una “pace giusta e duratura” resta lontana.
La Francia è un Paese singolare, ricco di eccellenze in molti settori ma prigioniero della sua storia, in particolare nel suo assetto istituzionale di Repubblica presidenziale, oggi scivolata indietro verso la Quarta repubblica a dominante parlamentare, con un’Assemblea polarizzata e bloccata, incapace di dotare la Francia di un governo stabile in grado di affrontare una grave crisi economica e finanziaria.
Sembra di essere tornati alla fine del 1700 con la Bastiglia al centro dello scontro politico: una Francia che ha bisogno di un re, se non altro per ghigliottinarlo, incapace com’è di affrontare la strada difficile del compromesso e dei governi di coalizione.
Il problema è che la ghigliottina politica la rischiano in due: il presidente Macron, prezioso visionario nella politica internazionale, europea in particolare, ma azzardato gestore della politica interna con il consenso in caduta libera e l’Unione Europea, che pur avendo sempre meno la Francia come principale protagonista del processo di integrazione comunitaria, ne resta un attore importante d’intesa con la Germania, oggi anch’essa in difficoltà.
Nel contesto politico attuale, una terza brusca frenata della Francia in Europa, con la prospettiva dell’estrema destra al governo, se non addirittura domani alla presidenza della Repubblica, rischia di bloccare il dinamismo già oggi stentato dell’UE, soffocata dal voto all’unanimità e dal ruolo crescente nel Consiglio europeo dei governi nazional-populisti che, come quello italiano, cercano improbabili alleanze tra di loro, convergendo però nella loro crescente simpatia per il “pacificatore” Trump, atteso adesso alla prova nel conflitto tra Russia e Ucraina.