La Conferenza ONU di Cancà ºn ha rilanciato il processo verso un accordo globale sul clima, risultato non scontato all’inizio del Vertice, ma non ha definito e chiarito nà© la forma giuridica nà© un calendario per giungere all’accordo vero e proprio il prossimo anno a Durban.
A due anni dalla scadenza del protocollo di Kyoto (2012), si tratta per ora solo di un disegno di progetto concreto per la salvaguardia del clima: il testo dell’accordo è stato approvato dai delegati di 190 Paesi con il dissenso della sola Bolivia e costituisce un passo avanti rispetto al fallimento registrato nel dicembre 2009 a Copenaghen, tracciando perಠsolo la strada per un’intesa a cui dovrà essere data forma definitiva il prossimo anno.
Due i principali elementi dell’intesa: il taglio delle emissioni del 25-40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, per evitare un aumento di temperatura superiore ai 2 gradi, e un pacchetto di fondi da 10 miliardi l’anno, che arriveranno a 100 miliardi nel 2020, per il trasferimento delle tecnologie pulite e il mantenimento delle foreste tropicali. Evitando riferimenti a target immediati sulla riduzione delle emissioni, il meccanismo del piano di protezione ha così dato a tutti i Paesi partecipanti la possibilità di aderire, per ora.
«Il pacchetto equilibrato e sostanziale delle decisioni adottate a Cancà ºn rappresenta un importante passo avanti sulla strada della costruzione di un quadro completo e legalmente vincolante per l’azione sul clima per il periodo successivo al 2012» ha dichiarato Connie Hedegaard, commissaria europea per l’Azione per il clima, aggiungendo perಠche «le due settimane di Cancà ºn hanno dimostrato ancora una volta quanto lento e difficile sia il processo: ognuno deve essere consapevole che abbiamo ancora un viaggio lungo e difficile davanti a noi per raggiungere l’obiettivo di un quadro giuridicamente vincolante sul clima globale».
L’intenso lavoro diplomatico svolto nelle due settimane della Conferenza di Cancà ºn, infatti, è riuscito a tenere insieme l’obiettivo generale (limitare l’innalzamento della temperatura) e gli interessi dei vari Paesi, cosa resa possibile perಠsolo dal rinvio della definizione degli impegni vincolanti di ciascun Paese sul taglio delle emissioni. Va ricordato che l’accordo sul Protocollo di Kyoto del 1997 comprendeva un gruppo di Paesi che attualmente rappresenta solo il 27% delle emissioni globali a effetto serra: per questo era fondamentale riuscire a coinvolgere in un progetto di nuovo accordo tutti gli altri Paesi che non avevano accettato il Protocollo in scadenza nel 2012, tra i quali gli USA, la Cina e i cosiddetti Paesi emergenti.
In una nota sulla Conferenza di Cancà ºn i responsabili di Legambiente hanno commentato: «Tra gli elementi incoraggianti e positivi c’è sicuramente la costituzione di un fondo verde per il clima a sostegno dei Paesi in via di sviluppo per gli interventi di riduzione delle emissioni e adattamento ai mutamenti climatici in corso. A tal fine si riconosce la necessità di risarcire i danni e le perdite, causate dai cambiamenti climatici nei Paesi poveri e si introduce un registro delle azioni per l’adattamento ai mutamenti climatici con le risorse finanziarie necessarie ad attuarli. L’altro aspetto importante dell’accordo è il riconoscimento che gli attuali impegni di riduzione non sono sufficientemente ambiziosi. Si riconosce, infatti, la necessità di colmare questo gap per stare almeno nella traiettoria dei 2 gradi, ma si richiede anche maggiore trasparenza nel monitorare i progressi e le performance dei singoli Paesi».
Legambiente ha inoltre sottolineato il «ruolo positivo» svolto dall’Unione Europea a Cancà ºn: «Una leadership che nei prossimi mesi dovrà tradursi in azioni concrete, a partire dall’aumento al 30% degli impegni di riduzione per il 2020, come già richiesto da Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Proprio per questo è importante che l’Italia si aggreghi e sostenga questi Paesi. Solo l’impegno di riduzione del 30% da parte dell’Unione Europea potrà spingere, infatti, anche gli altri Paesi industrializzati a fare altrettanto e garantire così che Durban 2011 sia un successo».