Appello da Camaldoli per una nuova Unione Europea

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Di fronte ad un mondo fuori controllo, con guerre che non accennano a placarsi e altri conflitti in corso o latenti in molte altre parti del globo, si stanno moltiplicando gli appelli alla politica perché si assuma con coraggio le proprie responsabilità e ai cittadini perché abbiano consapevolezza dei rischi che tutti stiamo correndo.

Si ripetono da tempo gli allarmi sulle sopravvissute Istituzioni internazionali come l’ONU, ritorna quotidianamente la supplica di papa Leone XIV, come a lungo prima quella di papa Francesco, non si stanca di metterci in guardia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rilanciano  preoccupati allarmi Romano Prodi e Mario Draghi e molti altri, tanto nel campo laico che in quello religioso.

Esperti, in dialogo tra di loro, di questi due campi si sono incontrati in un luogo di importanti confronti politici, come il monastero di Camaldoli, e hanno sottoscritto un documento  dal titolo ambizioso: “Un codice per una nuova Europa” che, senza sorprendere per grandi novità, ha il pregio di articolare secondo logica un ragionamento convincente in vista della ricostruzione di una nuova Unione Europea.

Si tratta di un documento ricco di spunti, riconoscibili anche dalla partecipazione alla redazione di esperti importanti, tra questi autorevoli intellettuali ed editorialisti, che condividono una forte sensibilità in favore di un’Europa federale.

L’appello di Camaldoli si sviluppa su una trentina di pagine, precedute da una chiara ed utile sintesi che qui ci limitiamo a percorrere sommariamente, mettendone in evidenza soprattutto l’articolazione esemplare dei temi sollevati.

Dopo aver ricordato le radici plurali del progetto europeo e le sfide che è chiamato ad affrontare in questo presente complesso, il documento fa perno su un “progetto eticamente fondato” per “portare a compimento le istituzioni democratiche dell’Unione”.

Di qui dovranno discendere le “politiche per un’Europa equa, sostenibile e pacifica” che dovrà affrontare il declino demografico e il rafforzamento del suo modello sociale, promuovere un’economia sostenibile ed inclusiva e impegnarsi nella tutela dell’ambiente e nelle politiche climatiche.

Può sorprendere che, di questi tempi, sia necessario arrivare all’ultimo capitolo del documento, nei paragrafi da 100 a 120, per trovare un tema tanto atteso: “Costruire la pace e condividere la sicurezza”, quasi che la più urgente priorità del momento non meritasse di essere annunciata in apertura del documento.

E invece forse è proprio questo un contributo particolarmente rilevante e prezioso per il dibattito in corso tra pace e guerra, senza far prevalere nell’azione politica l’invocazione della pace, dimenticando che questa va costruita con pazienza, purtroppo partendo da lontano, riparando i danni fatti nel tempo, avendo mancato all’impegno su democrazia e giustizia, senza le quali non ci può essere pace giusta e duratura.

L’urgenza del momento non autorizza azioni precipitose e fuori misura, non deve fare leva sulla paura per difendersi da rischi non fondati, non può attribuire alla spesa militare risorse finanziarie sproporzionate per disponibilità presenti, per destinazioni che disarticolano le politiche di difesa nazionale tra di loro e non garantiscono una protezione europea. Una protezione che l’Unione Europea non deve limitare alle frontiere esterne, ma anche destinare ai bisogni delle persone al suo interno, proteggendole con il welfare e coraggiose politiche climatiche.

Per avviare questo impegnativo cantiere non c’è altra soluzione che quella di riprendere la strada verso la costruzione di un’Europa federale, ricominciando dai Paesi fondatori delle prime Comunità europee e con quanti, in particolare tra quelli già associati nella moneta unica, vorranno condividere un nuovo progetto di Unione, liberandosi dal cappio del voto all’unanimità, tomba del progetto federale promosso, tra gli altri, di Altiero Spinelli e di Luigi Einaudi. E avendo bene in memoria le parole di Maurice Schuman nella sua Dichiarazione del 1950: “Non abbiamo fatto l’Europa, abbiamo avuto la guerra”.   

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