L’EUROPA GUARDA L’ITALIA

1530

C’è molta attenzione in questi giorni alla politica italiana da parte dell’Europa, ma anche un crescente impegno da parte del governo italiano per ritrovare una coerenza europea. Molte e differenti le occasioni d’incontro dell’Italia con le preoccupazioni europee, a cominciare dalla politica estera, alle prese con l’aggravamento del conflitto israelo-palestinese e le inquietanti vicende della CIA sul territorio europeo fino alla politica economica e al risanamento dei conti pubblici. In politica estera l’Italia non poteva non essere in prima linea nell’UE a proposito delle crescenti violenze nel vicino teatro mediorientale ed ha condiviso con l’UE la condanna di Israele per l’uso sproporzionato della forza contro i Palestinesi della Striscia di Gaza. In quest’occasione l’Italia ha riconfermato la sua avversione alla pratica della pena di morte e ancora di più ad una pena di morte extra-giudiziale quale si configura quella eseguita con le armi contro donne e bambini innocenti. Sull’altro fronte, quello oscuro e inquietante delle operazioni condotte dai Servizi segreti americani sul territorio europeo, con o senza l’accordo dei governi dell’UE, lo sguardo sull’Italia si è fatto particolarmente insistente. E’ della settimana scorsa una severa relazione del Parlamento europeo, adottata a larga maggioranza, che denuncia le violazioni dei diritti umani commesse dai servizi segreti americani nel quadro della lotta al terrorismo. Il Parlamento europeo condanna la pratica delle «consegne straordinarie» che consentono il trasferimento di presunti terroristi verso Paesi terzi, dove la tortura è frequentemente utilizzata negli interrogatori: pratica questa che costituisce una violazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Non stupisce che in questo contesto l’attenzione del Parlamento europeo si sia portata sul caso italiano del rapimento dell’imam Abu Omar e del conseguente arresto di alti responsabili dei Servizi segreti italiani. Ne è seguita da parte del Parlamento europeo l’invito al Governo italiano, qualora se ne verifichino le condizioni, a chiedere l’estradizione dei ventidue agenti della CIA coinvolti nel rapimento di Abu Omar «al fine di agevolare il procedimento giudiziario in corso e contribuire all’accertamento della verità  ». Come si vede, un pronunciamento chiaro cui il Governo italiano non potrà   sottrarsi se vuole confermare la sua coerenza europea. Ma forse più evidente – e anche più problematico – è apparso agli occhi degli italiani l’impegno alla coerenza in materia di politica economica del governo italiano nel quadro dei vincoli europei. Qui ormai i nodi stanno venendo al pettine. Un primo segnale era già   venuto a fine giugno con la «manovrina» che avviava un doloroso quanto doveroso processo di liberalizzazione per professioni e corporazioni finora protette: tra l’altro, era di pochi giorni prima il deferimento dell’Italia alla Corte europea di giustizia per le restrizioni previste dalla legge nazionale in materia di partecipazione e proprietà   delle farmacie al dettaglio. Ma la «botta», temuta ma non inaspettata, è arrivata con l’adozione da parte del governo del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) per il periodo 2007-2011 valutato positivamente i giorni scorsi dalle Autorità   di Bruxelles, che tuttavia hanno messo in guardia l’Italia a non fermarsi alle buone intenzioni ricordando che un giudizio definitivo sarà   dato soltanto in autunno a Finanziaria adottata . L’obiettivo era noto da tempo e qui più volte ricordato: riportare il deficit italiano sul Prodotto Interno Lordo (PIL) dall’attuale oltre 4% sotto il 3% entro la fine del 2007 ed azzerarlo entro il 2011. Un impegno ambizioso è stato preso anche sulla riduzione del debito oggi attorno al 108 % sul PIL (con costi altissimi per i pesanti interessi passivi che genera) per scendere nel 2011 sotto la barra del 100% e senza dimenticare che bisognerà   proseguire fino a raggiungere la soglia concordata del 60%. Questo il percorso obbligato per rispettare i vincoli convenuti a suo tempo con Bruxelles e a protezione della comune moneta unica, l’euro. Inutile nascondersi che una simile programmazione finanziaria, che pure spalma su cinque anni il risanamento dei conti italiani, ha dei costi molto alti anche perchà© contemporaneamente deve stanziare risorse per lo sviluppo. Il traguardo è una finanziaria da 35 miliardi, di cui 20 per la correzione del deficit e 15 per lo sviluppo. I sindacati, con accenti diversi, hanno già   fatto conoscere le loro inquietudini e riconfermato la loro linea di difesa della spesa sociale e del metodo della concertazione. Toccherà   adesso al Parlamento italiano, dove resta fragile la maggioranza di governo, deliberare in merito e adottare una Finanziaria compatibile con i vincoli del risanamento e l’obiettivo del rilancio dell’economia. E’ a questo appuntamento che l’Europa aspetta l’Italia per verificarne la coerenza e la reale capacità   di essere un partner credibile, come ormai non era più da tempo.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here