Non c’è bisogno di spiegare quanto pesante sia stata la botta assestata all’Unione Europea col documento di “Strategia di sicurezza nazionale” reso pubblico dall’Amministrazione Trump la settimana scorsa. Più complesso, e forse anche più interessante, provare a capire quale sia stata e quale possa essere la risposta dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri.
Il documento USA ha due pregi: da una parte, di confermare quanto già si era potuto capire da tempo, fin dal Trump I e qualcosa già anche prima; dall’altra di mettere nero su bianco la prepotenza statunitense nei confronti del resto del mondo, non solo dell’Europa, ma anche di Cina ed America Latina. Con un disvelamento importante del programma “Prima l’America”, non solo in casa, ma ovunque il candidato imperatore abbia interesse ad intervenire per proteggersi e fare affari.
Va collocata in questo contesto l’aggressione all’Unione Europea, destinata secondo Trump a dissolversi nel giro di una ventina d’anni, e quindi da salvare da parte degli USA ridandole “fiducia in sé stessa e nell’identità dell’Occidente” e liberandola da regole che, ai suoi occhi, limitano la libertà e dalle invasioni dei migranti, con altre disinvolte ed arroganti considerazioni su un continente che conosce appena e la cui storia ha l’aria di ignorare del tutto.
A questa bordata che non annuncia nulla di buono per l’eventuale trattativa di Trump per la fine del conflitto in Ucraina, il suo “socio in affari” Putin, nel documento USA esente da critiche, ha reagito costatando che la Strategia USA è in linea con Mosca.
Cominciamo allora di qui con le risposte alla botta USA al mondo intero. Silenziosa come da tradizione la Cina, seduta tranquilla lungo il fiume ad aspettare il seguito; prudenti le prime reazioni in America Latina, “cortile di casa” degli Stati Uniti, tornato nel mirino di Trump, come ci ricorda tra l’altro la pressione aggressiva sul Venezuela e, con modalità diverse, l’attacco alla sovranità del Brasile.
La vecchia Unione Europea sta reagendo con la sua nota lentezza, in attesa di capire come si orientano i governi dei suoi Stati membri e di altri Paesi amici, con un orecchio attento a cogliere segnali che vengono dai suoi cittadini, diversamente dislocati in aree più o meno contigue alla Russia. Sarà importante su questo versante la decisione che, si spera, verrà presa dal Consiglio europeo il prossimo 18 dicembre a sostegno dell’Ucraina.
Non è stata una sorpresa che una prima reazione di fermezza sia venuta dal Cancelliere tedesco Merz, seguita dal richiamo del Premier polacco Donald Tusk alla tradizionale amicizia con gli USA; rapidi sono stati il presidente francese Emmanuel Macron e il Premier britannico Keir Starmer a riconvocare la “coalizione dei volenterosi” per progredire nelle future misure di sicurezza per l’Ucraina, non appena vi fosse un cessate il fuoco.
In questo quadrilatero dell’orgoglio europeo di Germania, Francia, Polonia e Regno Unito non sembra trovare il coraggio di affacciarsi il governo italiano che, con la Presidente del Consiglio, continua a contare su un alleato ormai non più affidabile, ma certamente utile per rafforzare nel mondo un’improbabile “internazionale nazionalista” delle destre e delle estreme destre europee, alcune presenti alla guida di governi UE e altre in crescita tra i partiti di opposizione, come in Francia e in Germania.
Resta da capire come risponderanno i cittadini europei, a questo punto minacciati per la loro sicurezza e il loro futuro benessere: molti di essi hanno incominciato a reagire, anche per rispondere alle provocazioni del multimiliardario Edon Musk, colpito giustamente da una multa milionaria della Commissione europea, al punto da chiedere l’abolizione dell’UE, qualificata come Quarto Reich.
Forse anche questo ha reso un servizio all’Unione Europea che, alle proteste americane per le regole applicate alle piattaforme digitali in Europa, ha risposto con la Commissione, ricordando che: “Quando si parla delle decisioni che riguardano l’Unione Europea, queste vengono prese dall’Unione Europea, per l’Unione Europea, comprese quelle relative alla nostra autonomia, alla tutela della libertà di parola e all’ordine internazionale basato sulle regole”.
Era ora di alzare la voce. E la testa, mantenendola lucida per i difficili giorni che verranno.













