E’ scoppiata nei giorni scorsi una dura polemica sulla salute della nostra democrazia tra il presidente del Consiglio italiano e la leader del principale partito di opposizione. I toni e le parole usate sono state pesanti da entrambe le parti, anche se molto più inopportune quelle pronunciate dalla “Capa” del governo nei confronti della rappresentante dell’opposizione, a riprova che qualcosa scricchiola nella nostra democrazia nazionale quanto al dovuto rispetto tra chi occupa il potere e chi esercita il diritto-dovere dell’opposizione.
Qui interessa portare l’attenzione su un’argomentazione, se così si potesse chiamare, invocata da chi detiene il potere e ritiene la “Nazione” danneggiata dalle critiche espresse all’estero da una forza di opposizione italiana, da “Elly Schlein che va in giro per il mondo a diffondere falsità e a gettare ombre inaccettabili sulla Nazione”, secondo Giorgia Meloni.
L’accusa di giudicare a rischio la democrazia in Italia sarebbe stata aggravata dal discredito provocato per la “Nazione” da una tribuna che, in questo caso, era quella del Congresso dei socialisti europei ad Amsterdam. Una preoccupazione peraltro espressa lunedì scorso da Sergio Mattarella, anche “lui in giro per il mondo” nel corso della sua visita di Stato in Belgio e, poche ore dopo, risuonata alla tribuna del Parlamento europeo a Strasburgo.
Tutto questo tralasciando molte altre tribune “in giro per il mondo” della presidente del Consiglio, in trasferta dalla “Nazione” e alla corte di Trump, tra faccette e parole, lanciando messaggi tutt’altro che neutri sulla politica italiana.
A ben vedere, si scontrano con chiarezza due visioni politiche: non solo – e ci mancherebbe – relative alla politica nazionale, come a proposito dell’asfittica manovra di bilancio dalla quale distrarre l’attenzione, ma due culture divergenti nel loro sguardo sul mondo e sull’Europa.
Ad Amsterdam era riunito un pezzo importante delle forze politiche dell’Unione Europea ed era del tutto pertinente che vi si valutasse lo stato di salute della democrazia in un Paese che dell’Unione è stato fondatore, e dove altri si candidano ad essere “affondatori” in nome della centralità della “Nazione”. Tradotto: da una parte l’accusa di lesa maestà per un giudizio pronunciato all’estero, dall’altra la messa in guardia di un leader europeo in un contesto comunitario che considera la democrazia un tema della “politica interna europea”.
Tutto questo in coerenza con il quadro politico e giuridico che ha ancora trovato un chiaro riscontro nella sesta relazione della Commissione europea, del luglio scorso, sullo Stato di diritto dell’Unione Europea, dove sarebbe utile che qualcuno andasse a leggersi il rapporto non proprio roseo sulla salute della democrazia nel nostro Paese. Vi si troverebbe una fotografia in chiaro-scuro della democrazia nel nostro Paese: si va dalla valutazione critica del sistema giudiziario al livello della corruzione (grazie anche alla soppressione dell’abuso d’ufficio) che “nel settore pubblico continua ad essere relativamente elevato”, per concentrare subito dopo la preoccupazione sul “pluralismo dei media e la libertà dei media”, proprio il tema che ha scatenato la polemica in riferimento all’attentato nei confronti del giornalista della trasmissione RAI di “Report”.
Questo capitolo andrebbe letto integralmente, anche perché qualche serio interrogativo lo solleva sulla salute della libertà di stampa in Italia: dall’invito al miglioramento del sostegno pubblico” per i media alla preoccupazione per “le norme sull’accesso alle informazioni giudiziarie” e alle condizioni che i “giornalisti continuano a dover affrontare nell’esercizio della professione”, constatando che “nel 2024 gli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti sono aumentati del 16% rispetto al 2023”.
Tutte cose sapute e risapute a Bruxelles e chi ne ha parlato ad Amsterdam non ha rivelato segreti di Stato né è affatto andato fuori tema: si è limitato a mettere in guardia l’Italia perché non contribuisca all’erosione della democrazia in corso nell’Unione Europea, come ormai molti temono tra i nostri partner comunitari.