Trump e Palestina: una prova generale per l’Ucraina?

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In molti abbiamo provato sollievo per la tregua avviata in Palestina, consapevoli però degli ostacoli che restano per la prosecuzione di un problematico percorso verso una pace che difficilmente sarà “eterna” in Medio-oriente, come millantato da Trump, e forse nemmeno “giusta e duratura”, come avevamo sperato prima del turpe massacro di Hamas del 7 ottobre 2023 e di quello spietato di Israele nei due anni seguenti.

I due conflitti ai confini dell’Unione Europea, quello israelo-palestinese e quello tra la Russia e l’Ucraina,  non privi di intrecci tra loro, non hanno finora meritato mobilitazioni comparabili nella società civile nel mondo né in Europa, nonostante l’impressionante numero di vittime causato in entrambi. 

L’Unione Europea, tristemente irrilevante nel conflitto israelo-palestinese, salvo sul versante degli aiuti umanitari ma incapace di iniziative politiche e di sanzioni economiche, ha avuto verso il popolo palestinese un atteggiamento non comparabile rispetto al suo sostegno all’Ucraina in un quadro politico molto diverso sul nostro continente. 

Qui si affrontano, da una parte, l’aggressore russo determinato a riprendersi territori ucraini, persi con la dissoluzione dell’Unione Sovietica; dall’altra, l’Unione Europea con la minaccia militare ai suoi confini e il timore che Mosca possa esondare con il suo espansionismo al di là della sola Ucraina, e la NATO, come attore militare chiamato ad una risposta proporzionata al rischio, ma con la sua “guida” americana contraddittoria e poco affidabile.

Ne è risultato per l’Unione Europea un forte movimento di solidarietà con l’Ucraina, fin da subito con misure umanitarie come, tra l’altro, l’apertura delle sue frontiere ai profughi ucraini e poi, via via, con forme inedite di coordinamento dei suoi Paesi membri per un sostegno militare. Questo fino alla problematica iniziativa in cantiere presentata con l’infelice titolo “Rearm Europe”, riqualificata come “Preparati per il 2030”, l’anno che politici, analisti e propagandisti segnalano come l’anno di tutti i pericoli, con possibili nuove aggressioni da parte della Russia, al punto da far dire al Cancelliere Merz che entro quella data la Germania dovrà avere “il più forte esercito” d’Europa e annunciare il possibile ritorno alla leva militare obbligatoria.

A questo punto la mappa degli attori coinvolti in questo conflitto risulta complessa e la tentazione per il “pacificatore” Trump di semplificarla è forte. Avrebbe senso che ad un eventuale tavolo per la pace, che ancora non s’intravvede all’orizzonte,  sedessero i due contendenti Ucraina e Russia, e gli alleati dell’Ucraina, membri della Nato, in particolare quelli europei direttamente bersaglio della minaccia russa, insieme con gli Stati Uniti, soci di maggioranza dell’Alleanza atlantica. 

Da chiedersi che ne sarà al tavolo della trattativa dell’Unione Europea, priva di una effettiva competenza in politica estera e di difesa, di cui restano legittimi titolari i suoi Paesi membri, tra loro divisi quanto ad orientamenti geopolitici ed interessi economici.

Incombe qui la tentazione di semplificare la complessità di questo quadro, riducendo radicalmente i posti a tavola, sulla scia di quanto avvenuto nel caso del conflitto israelo-palestinese, dove due soltanto sono stati gli attori decisivi, USA e Israele,  pur attorniati da uno stuolo di mediatori, fiancheggiatori e clienti politici, esibiti in un imbarazzante spettacolo “trumpiano” a Gerusalemme. 

E’ comprensibile che il presidente ucraino Zelensky abbia felicitato Trump per la pace in Medio-oriente, chiedendogli di “fermare il conflitto”, ma forse non valutando abbastanza il rischio di farlo “come a Gaza”.  

Il rischio è che al tavolo per la pace in Ucraina la sostanza della trattativa si esaurisca in accordi, magari anche sottobanco e con il calcolo dei reciproci interessi economici, tra Stati Uniti e Russia. Con Trump appena in distratto ascolto della aggredita Ucraina e dei partner europei, ridotti al rango di suggeritori, se non di supplicanti, e con l’Unione Europea fantasma assente,  sollecitata a decisioni già prese, per fornire aiuti alla ricostruzione e coperture politiche, come avvenuto la settimana scorsa in Egitto per la firma della “pace” in presenza dei riapparsi leader europei, Giorgia Meloni compresa, fiera del servizio reso a Trump.

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