Unione Europea, con nove ore di ritardo

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Il tempo in politica non è una variabile irrilevante. Conta, eccome!

Se Israele entra in guerra con l’Iran e sei alla guida dell’UE non puoi aspettare nove ore a reagire pubblicamente.

Nove ore è il tempo impiegato in questa occasione dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, a far sentire la voce, al solito flebile, dell’Unione Europea.

L’attacco israeliano è scattato alle due di notte, un’ora scomoda ma non sorprendente per azioni del genere. A partire di qui proviamo ad immaginare il seguito.

Probabile, speriamo sicuro, che UVL sia stata svegliata da chi di dovere: il tempo di capire che sta capitando qualcosa di grosso, salti giù dal letto e ti attacchi al telefono, ai numeri che contano e che a te risponderanno.

Ci sono i tuoi collaboratori più stretti a Bruxelles, ma anche quelli presenti nel teatro di guerra; non lontano da te c’è la NATO, tanto che potresti farci un salto in pochi minuti. Più lontano, ma politicamente ancora più vicina, c’è la Cancelleria di Berlino da sentire sempre con attenzione prima di parlare.

Molto più lontano c’è Tel Aviv, dove sono tutti attivi 24 ore al giorno da sempre; più lontano, ma nel cuore della guerra ci sarebbe la Casa Bianca, ma lì il telefono rischia per te di suonare invano.

Allora meglio provare con la tua collega e amica, la presidente del Parlamento europeo, anche se sai già che si limiterà a qualche parola di incoraggiamento.

Ci sarebbe, a pochi passi dal tuo ufficio dall’altra parte della strada, il presidente del Consiglio europeo ma è probabile che il suo telefono sia occupato in permanenza: ha 27 tra Capi di Stato e di governo da consultare prima di parlare a nome dell’UE. Probabilissimo che tutti lo invitino alla prudenza, ognuno preoccupato in priorità per gli interessi del proprio Paese.

Intanto il tempo passa, ormai è giorno avanzato, gli aerei israeliani proseguono nei bombardamenti.

Da Washington si sfilano, anche se nessuno nel mondo ci crede; la tua amica a Roma riunisce d’urgenza un pezzo del Consiglio dei ministri, con quei pochi che contano o anche no, e le altre Cancellerie sono ormai tutte sotto pressione e si consultano tra loro.

E tu allora non sai più a che santo votarti, ti viene in mente il Santo Padre a Roma, ma sai già che cosa ti dirà, perché da sempre dal Vaticano chiedono politiche di pace senza essere ascoltati.

A questo punto ti ricordi che prima di guidare la Commissione europea, sempre più zigzagando, sei stata ministro della difesa di un Paese senza esercito e con un conto in sospeso con lo Stato ebraico e hai pensato che prima di parlare era meglio aspettare ancora.

Intanto, mentre il tempo passava, le Cancellerie che contavano, poche di numero e poco di peso politico nell’UE, cominciavano a prendere posizione.

Così avresti aspettato ancora un pò e finalmente, per quello che poteva ancora contare, alle 11 hai parlato. Giusto in tempo per andare a pranzo.

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