A quaranta giorni dal secondo voto irlandese sul Trattato di Lisbona – bocciato nel referendum del 2008 – il dibattito si anima a seguito della pubblicazione sul sito della Rappresentanza UE in Irlanda di una dichiarazione di «Farmers for No» (Agricoltori per il No), secondo la quale «il Trattato di Lisbona ridurrebbe il peso del voto dell’Irlanda in seno al Consiglio dell’UE».
Altri aspetti negativi dell’approvazione del Trattato sarebbero, secondo la citata dichiarazione, una modifica del regime fiscale delle successioni che danneggerebbe in particolar modo gli agricoltori e una accelerazione del percorso di ingresso della Turchia nell’UE valutato negativamente.
Dandone notizia la Commissione Europea contesta ogni punto di questa dichiarazione definendola «scorretta e fuorviante», parole che hanno provocato la reazione di altri esponenti del fronte del “no” come ad esempio Anthony Coughlan, direttore del National Platform EU Research and Information Centre, secondo il quale: «Questo uso del sito web da parte della Commissione è un’interferenza con la campagna referendaria europea».
I più recenti sondaggi rilevano che l’Irlanda il 2 ottobre voterà “sì” «per non essere tagliata fuori in tempi di difficoltà economica», ma segnalano anche un preoccupante rafforzamento del fronte del no con l’adesione di due cittadini irlandesi su cinque mentre fino a quindici giorni fa il rapporto era di uno a cinque.
Intanto in Germania, che con Irlanda e Repubblica Ceca non ha ancora terminato la ratifica del Trattato, i principali partiti politici (CDU-CSU, SPD, Liberali e Verdi) hanno trovato un accordo sulla legge che dovrebbe permettere la ratifica del Trattato in conformità con la sentenza della Corte Costituzionale che nel giugno scorso aveva dichiarato il Trattato compatibile con la legge fondamentale tedesca chiedendo perಠdelle normative di accompagnamento a tutela dei diritti del Parlamento nazionale.