La banalità del bene: Aldo Capitini

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Prendendo spunto dal celebre libro di Hannah Arendt “La banalità del male”, questa rubrica vuole essere una provocazione al contrario, con l’obiettivo di narrare storie di eroici personaggi più o meno contemporanei che hanno segnato la storia per i loro sacrifici e la loro immolazione a favore di un progresso umano. La rubrica mensile vuole essere un atto di descrizione di come il bene possa esistere, e il titolo vuole essere una provocazione per dimostrare come la ricerca del progresso non sia banale, ma, al contrario, di come possa essere un umano atto eroico.

 

“Se non tutti faranno così, sarà pur bene che qualcuno lo faccia: il fuoco viene sempre acceso da un punto.”

Biografia

Filosofo, politico, pacifista, antifascista e poeta, Aldo Capitini nasce a Perugia il 23 dicembre 1899.

Spesso chiamato il “Gandhi italiano”, è stato promotore delle tecniche non violente a partire dalla sua esperienza di convivenza con il fascismo, contro cui si è sempre battuto in modo deciso e convinto, fino ad essere licenziato dal suo ruolo di segretario della Normale di Pisa a seguito del suo rifiuto di iscriversi al partito mussoliniano. Questa avversione acquista dei connotati religiosi dopo il concordato raggiunto fra Mussolini e il Vaticano nel 1929, accordo che lo convince a lavorare per il ritorno della democrazia e per una riforma religiosa.

Benedetto Croce conosce Capitini e legge i suoi scritti, che pubblicherà nel 1937 in una raccolta dal titolo “Elementi di un’esperienza religiosa”, che a poco a poco diventa uno tra i principali riferimenti letterari della gioventù antifacista. Nello stesso anno, fonda il Movimento Liberalsocialista a cui collaborano, fra gli altri, Norberto Bobbio e Pietro Ingrao. Questa attività politica gli costa l’arresto e quattro mesi di detenzione, esperienza che suo malgrado si ripete nel 1943, quando fu arrestato a Perugia e liberato per la caduta di Mussolini dopo il 25 luglio.

Aldo Capitini si rifiuta di aderire a qualsiasi partito in quanto, secondo la sua ideologia, il rinnovamento non avrebbe dovuto essere politico, essendo la politica stessa al centro della crisi societaria. Infatti, per l’intero corso della sua vita si definirà “indipendente di sinistra”,motivo per cui sarà escluso dal Comitato di Liberazione Nazionale e dalla Costituente, nonostante la forte impronta del suo pensiero e la sua ferrea opposizione al fascismo.

Nel 1944 fonda a Perugia il Centro di Orientamento Sociale (COS) un esperimento di democrazia diretta e di decentralizzazione del potere, uno spazio politico aperto alla partecipazione. I COS si diffondono sul territorio nazionale, senza però raccogliere l’attenzione della sinistra e degli altri partiti al potere, impedendone così l’affermazione su scala nazionale. A questo si aggiunge l’insofferenza crescente dei politici e degli amministratori a sottoporsi al controllo stretto degli elettori, principio base su erano basati i lavori del COS.

Le sue idee continuano però a diffondersi sul territorio nazionale. Nel 1948, durante un convegno a Ferrara, un giovane di nome Pietro Pinna ascolta le parole di Capitini maturando la sua scelta di obiettore di conoscenza e divenendo così il primo obiettore del dopoguerra. Pinna viene però processato subendo processi, condanne e carcerazioni, spronando Capitini a promuovere delle attività per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza su scala nazionale. Il suo metodo pedagogico è basat su quella che lui chiamava “tensione”, quel sentimento da trasmettere ai giovani per capire e rifiutare l’insufficienza della realtà in cui si nasce e si vive, connotandosi, dunque, come una pedagogia di ribellione e di lotta per i valori necessari a liberare la realtà dalla violenza e dall’oppressione.

Per continuare il suo lavoro sui COS, nel 1952 Capitini promuove la nascita del primo Centro per la nonviolenza e il Centro di Orientamento Religioso (COR) il cui scopo fu quello di favorire la conoscenza delle diverse religiose oltre a quella cattolica. La chiesa, però, ne vieta la frequentazione e il libro Religione Aperta, pubblicato nel 1955, viene immediatamente inserito nell’indice dei libri proibiti dalla Chiesa Cattolica.

Per tutta la vita Capitini fece affidamento dall’idea gandiana dell’idea del metodo nonviolento impostato sulla non collaborazione. Con queste basi ideologiche continua la sua lotta per la pace e il 24 settembre 1961 organizza la Marcia per la Pace e la fratellanza dei popoli, un corteo dove per la prima volta venne utilizzata la bandiera della pace.

Capitini morì il 19 ottobre 1968, lasciando in eredità un esempio di non violenza e pacifismo ancora vivo al giorno d’oggi.

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