Nell’intreccio delle guerre in Medio Oriente

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Dopo sette anni di un conflitto che ha distrutto un intero paese, causato quasi 400.000 vittime, più di cinque milioni di rifugiati nei Paesi vicini e in Europa, il futuro della Siria appare, oggi, quasi un ostaggio nelle mani delle potenze che si confrontano su un teatro di guerra dai molteplici risvolti.

La partita siriana infatti, nel corso degli anni e delle sue trasformazioni, si è sempre gioçata, da una parte, all’ombra di una diplomazia impotente, e dall’altra con il coinvolgimento militare di una comunità internazionale, nettamente divisa a seconda degli interessi politici, strategici ed economici che offre la regione.

In questo contesto, l’ennesimento superamento, probabilmente ad opera dell’esercito di Bachar al Assad, di una linea rossa fissata come invalicabile per perpetrare il massacro della popolazione siriana, e cioé l’uso di armi chimiche, ha impegnato gli Stati Uniti e due Paesi dell’Unione Europea (Francia e Gran Bretagna), in una precipitosa dimostrazione di forza volta a mandare un preciso messaggio : gli impegni presi per la distruzione delle armi chimiche vanno rispettati e, soprattutto, va rispettato il diritto internazionale. Con i raid aerei che hanno colpito, cosi’ ci dicono i diretti interessati, laboratori di produzione e depositi di armi non convenzionali, il messaggio portato con le armi dovrebbe dar vita ad un nuovo dialogo diplomatico che, questa volta, sia veramente in grado di delineare i presupposti per un negoziato di pace. Va ricordato qui che, secondo le stime, solo il 5% delle vittime siriane sono state uccise con armi chimiche, mentre il 95% con armi convenzionali.

Questa prospettiva dovrà tuttavia fare i conti con gli alleati e i sostenitori del regime di Bachar al Assad e cioé l’Iran e soprattutto la Russia.  Sebbene gli attacchi militari occidentali abbiano prudentemente evitato di colpire o mettere in pericolo obiettivi in cui fossero presenti i russi, le reazioni verbali russe non si sono fatte attendere, con minacce di una risposta equivalente e di « gravi conseguenze ». E a questo proposito, « il messaggio » lanciato dagli Occidentali, sebbene non abbia avuto, ad oggi, un impatto che possa cambiare le sorti del conflitto siriano, ha tuttavia messo in ulteriore evidenza l’ormai assoluto protagonismo della Russia in questa guerra, unica potenza con in mano gli strumenti per decidere come, quando e a quali condizioni si potrà negoziare la pace.  E su questo solo il prossimo futuro potrà dirci qualcosa, sempreché la situazione militare non prenda il sopravvento e annulli ogni tentativo di sviluppo politico e diplomatico.

Rimane tuttavia il fatto che in quella tormentata regione, esistono altri conflitti, di altrettanta gravità e dove quotidianamente la gente muore nel silenzio e nella distrazione della comunità internazionale.  

A Nord della Siria, proprio intorno alle enclave di Afrin, la Turchia ha lanciato la sua guerra contro i curdi per la sicurezza dei suoi confini meridionali. Una Turchia dal ruolo sempre più ambiguo, membro della NATO, ma a fianco di Russia e Iran in quanto portavoce dei ribelli siriani per gestire eventuali negoziati di pace. Che ruolo ricoprirà in questa nuova ed eventuale fase del dopo intervento occidentale, è cosa, per il momento, difficile da definire.

E poi continua la guerra nello Yemen, nel cuore degli interessi strategici della regione. Una guerra dimenticata e oscurata da quattro anni a questa parte,  guidata dall’Arabia saudita in coalizione con alcuni Paesi del Golfo e sostenuta dagli stessi Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Paesi questi ultimi, insieme all’Italia, che non provano imbarazzo a vendere cospicue partite di armi all’Arabia saudita e ad accettare l’emergenza umanitaria che si è creata nel Paese.

Ed infine, con il riesplodere delle manifestazioni a Gaza, la comunità internazionale si ritrova ad assistere all’inutile sacrificio di giovani palestinesi che oltre alla speranza della pace, hanno già perso anche il futuro, con la prospettiva di un Israele sempre meno disponibile alla soluzione della convivenza nell’area di due Stati.

Sembra così che l’intervento  militare occidentale abbia ristabilito quella linea rossa invalicabile dell’uso delle armi chimiche in Siria. Rimane il fatto che in Medio Oriente si incrociano  numerose linee rosse, sulle quali sono sospese altrettante micce pronte ad esplodere in qualsiasi momento.

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