International Migration Outlook 2019

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Aumentano i migranti permanenti, calano le domande di asilo e richiedenti asilo, aumentano i migranti temporanei per ragioni di lavoro e coloro che si spostano per studiare.

Questi in estrema sintesi i dati contenuti nell’edizione 2019 dell’International Migration Outlook, pubblicato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il 15 ottobre scorso.

I Paesi Ocse hanno accolto 5,3 milioni di migranti permanenti (dato 2018 + 2% rispetto al 2017), hanno registrato 1,09 milioni di domande di asilo (dato 2017, -34% rispetto ai due anni precedenti), hanno visto crescere la mobilità temporanea per ragioni di lavoro (4,9 milioni +11% rispetto al 2016) e hanno registrato un numero di studenti internazionali iscritti nel ciclo d’istruzione terziaria superiore ai 3 milioni e mezzo di persone (dato 2017, +7% rispetto al 2016).

La riduzione delle domande di asilo ha lasciato lo spazio per una maggiore attenzione alle condizioni di accoglienza e di integrazione: alcuni Paesi hanno incrementato le risorse delle autorità locali per promuovere l’integrazione dei nuovi arrivati (rafforzamento delle competenze linguistiche, corsi di educazione civica, sistemi di valutazione e riconoscimento delle qualifiche professionali formali).

L’aumento della mobilità per lavoro, che non ci sarebbe se non ci fossero domande inevase nei Paesi di accoglienza, ha determinato modifiche normative (revisione e semplificazione delle procedure per il visto e per la domanda di asilo, limitazione dei ricongiungimenti familiari, varo di veri e propri programmi a sostegno dell’imprenditoria migrante).

Nei Paesi OCSE si è sviluppata una forte attenzione all’impatto dei lavoratori migranti sulle economie di accoglienza. Molte ricerche ne illustrano gli aspetti positivi, anche con riferimento ai lavoratori temporanei, sia in termini di aumento dell’occupazione (+2%) sia in termini di produttività e ricchezza prodotta.

Se è vero che l’impatto e positivo non è però vero, avvertono gli Autori del Rapporto, mettendo in guardia dagli echi di un dibattito politico e culturale non supportato da dati oggettivi, che le condizioni di accesso all’occupazione dei migranti siano migliori di quelle dei nativi.

Ciò accade solo per le donne (spesso impiegate come caregiver e collaboratrici familiari) e per i lavoratori più anziani (che hanno più competenze, formate prima o dopo la migrazione per rispondere ai bisogni del mercato del lavoro), ma in media nei Paesi dell’OCSE il tasso di occupazione degli immigrati ha raggiunto il 68,3% nel 2018 (2,4 punti percentuali in meno rispetto ai nativi) e il loro tasso di disoccupazione è diminuito dal 9,4% all’8,7% tra il 2017 e il 2018.

L’accesso all’occupazione continua ad essere difficile per specifici gruppi di immigrati. In particolare, gli adulti poco qualificati e i giovani che si trovano ad essere NEET più frequentemente rispetto ai loro coetanei nativi (18% e 11% le rispettive percentuali di incidenza).

Per approfondire: il Rapporto sul portale OCSE

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