In cosa consiste la procedura per debito eccessivo e come potremmo evitarla?

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Lo scorso 21 novembre la Commissione Europea nell’ambito della presentazione del Pacchetto d’Autunno ha comunicato di ritenere che esistano le condizioni sufficienti per avviare una procedura per disavanzi eccessivi basata sul debito, come previsto dall’art. 126 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Le procedure per disavanzi eccessivi possono verificarsi per il non rispetto di uno o entrambi i criteri riguardanti:

  • il deficit, non superiore al 3% del PIL, a meno che il rapporto deficit/PIL sia in calo o si tratti di uno sforamento eccezionale e temporaneo;
  • il debito, non superiore al 60% del PIL, a meno che il rapporto debito/PIL si stia sufficientemente riducendo nel tempo.

I passaggi previsti da tale procedura sono i seguenti.

Avviando una prima fase valutativa, la Commissione ha elaborato una relazione sul rischio attuale e futuro di non adempimento delle condizioni sopra citate, tenendo anche in considerazione fattori quali la spesa per investimenti pubblici, le riforme strutturali ed eventuali condizioni macroeconomiche sfavorevoli (come bassa inflazione e crescita).

Il Comitato Economico e Finanziario (composto da rappresentanti dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri, della Banca Centrale Europea e della Commissione stessa) ha ora due settimane di tempo per formulare un’opinione in merito alla relazione della Commissione che potrà, a quel punto, chiedere al Consiglio (in questo caso composto dai soli Ministri dell’Economia dell’Unione) di elaborare entro tre mesi le sue considerazioni sull’esistenza effettiva di un disavanzo eccessivo. Nel nostro caso, è ragionevole ritenere che il Consiglio aspetterà che la Legge di Bilancio sia discussa e votata dal Parlamento italiano entro il 31 Dicembre, in modo da valutarne eventuali modifiche.

Nel caso di decisione affermativa, il Consiglio emanerà delle raccomandazioni che l’Italia dovrà applicare, entro l’anno successivo, al fine di avviare il risanamento della propria situazione.

In caso di persistente violazione, si potrà intimare l’adozione di misure volte alla riduzione del debito con la presentazione di relazioni che dimostrino il rispetto di quest’impegno da parte dell’Italia.

Solo in ultima ratio, il Consiglio potrà decidere di applicare uno o più provvedimenti sanzionatori di diversa natura (TFUE, art. 126, par. 11).

Il costo di tale misura per il nostro Paese sarebbe altissimo. L’Italia, infatti, oltre al pagamento di eventuali sanzioni, dovrebbe cominciare a ridurre il rapporto debito/PIL in un tempo molto ristretto e in misura pari ogni anno al 5% della differenza tra il nostro rapporto debito/PIL (pari circa al 131%) e quel limite del 60% previsto dai Trattati. Questo corrisponderebbe per il primo anno all’inverosimile cifra di circa 70 miliardi, equivalente a quasi due volte il costo stimato dal governo per l’attuale manovra finanziaria.

Si può, dunque, concludere che se l’Italia continuerà a non voler rispettare le raccomandazioni e le regole previste dai Trattati da lei stessa firmati, sarà obbligata a intraprendere il percorso lacrime e sangue descritto, quando potrebbe facilmente non incorrervi garantendo una riduzione anche molto limitata e graduale del rapporto debito/PIL, come avvenuto negli ultimissimi anni.

Quest’ultima soluzione porterebbe a una di quelle rare “win-win situations”.

I cittadini italiani, infatti, riscontrerebbero diversi benefici: il mancato pagamento di sanzioni ed esborso di ingenti somme per riduzioni repentine del debito che metterebbero in crisi un’economia già provata; il non finanziamento di misure di dubbia efficacia tramite la creazione di nuovo debito (pari già oggi a 37 mila euro per contribuente); nonché la riduzione delle tensioni sui mercati e quindi dello spread che, secondo Bankitalia, è già costato alle famiglie italiane 1,5 miliardi di maggiori interessi solamente negli ultimi sei mesi.

Vincerebbe, poi, la compattezza dell’Unione Europea e la sua stabilità finanziaria, ovvero i singoli Stati, per il momento in gran parte schierati contro la nostra manovra. Vincerebbero le istituzioni europee riuscendo nel duplice obiettivo di garantire il rispetto delle regole (forse da cambiare, ma certamente da rispettare fin quando vigenti) e di impedire che tale atteggiamento venga utilizzato per dipingerle come severi giudici pronti a punire gli Stati non in regola.

Infine, vincerebbero persino gli esponenti della maggioranza di governo se, con senso di responsabilità, accettassero di realizzare i provvedimenti promessi in modo più graduale nell’arco della legislatura, senza mettere a rischio la stabilità di un intero Paese per la fretta di accontentare i propri elettori in vista delle imminenti elezioni europee.

 

Per approfondire:

Commissione europea – Comunicato stampa 21 novembre 2018: Semestre europeo – pacchetto d’autunno: promuovere una crescita inclusiva e sostenibile

Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea

Relazione della Commissione Europea a norma dell’art.3 del TFUE

Documento Programmatico di Bilancio 2019

 

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