Il vestito di arlecchino dell’Unione Europea

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Le recenti decisioni del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo in merito alla designazione dei vertici delle Istituzioni europee hanno ancora una volta messo in evidenza le differenze politiche nell’Unione Europea e la difficoltà di interpretarne gli equilibri.

A voler semplificare una mappa molto frammentata si potrebbe dire in prima approssimazione che una ventina di Paesi sui ventotto dell’attuale UE (in attesa di capire che cosa farà il Regno Unito e registrando il ribaltone greco) hanno governi di centrodestra o di destra quasi in uguale misura, due solo di sinistra (il Portogallo e, precariamente, la Spagna) e i restanti di centrosinistra.

Sono numeri che contrastano con l’esito della consultazione elettorale dello scorso maggio, quando i cittadini europei hanno distribuito diversamente i loro consensi, riducendo il peso elettorale della destra e compensando, grazie ai Verdi in particolare, il terreno perso dalle sinistre.

Si tratta di un bilancio da manovrare con cautela: la partecipazione alle elezioni, molto diversa da Paese a Paese, è stata di appena il 51% degli aventi diritto al voto e molto disuguale è il peso demografico ed elettorale dei singoli Paesi per poter trarre conclusioni generali.

Resta comunque l’impressione di una diversa sfumatura tra i colori del Parlamento europeo e quelli dei governi nazionali che probabilmente non è estranea alla percezione diffusa di una forzatura politica – oltre che sicuramente istituzionale – nella vicenda delle recenti nomine UE,  segnate da una dominante di centrodestra, anche per quanto riguarda la candidatura della ministra tedesca della difesa, Ursula von der Leyen, alla presidenza della Commissione, una poltrona da quindici anni occupata da un rappresentante del Partito popolare europeo (PPE).

Se da una parte l’equilibrio di genere è apparso un elemento innovativo, con due donne sulle due poltrone principali, altrettanto non si può dire per la sensibilità politica dimostrata, in particolare di fronte alla progressione della partecipazione al voto dei giovani, passata dal 14% del 2014 al 42%. A questo si aggiunge un elemento regressivo quanto al rispetto dell’esito del voto parlamentare nella procedura di designazione, nella quale i governi nazionali non hanno tenuto conto dei “candidati di punta” dei partiti arrivati primi nelle elezioni di maggio.

Diranno i giorni che verranno – e già subito a metà luglio con il voto del Parlamento europeo per la ratifica della candidatura alla presidenza della Commissione – e il resto di questa nuova legislatura, quali saranno le conseguenze di queste forzature che rischiano di aggravare le frammentazioni politiche di questa Unione con il vestito di Arlecchino.

Se da una parte è buona regola di democrazia il rispetto delle differenze, è anche una forte esigenza di governo trovare equilibri politici più attenti a interpretare il futuro che non solo a riprodurre il passato, con l’obiettivo di porre le basi per un’Unione progressivamente più coesa. Un auspicio, se non un impegno, espresso nell’art. 1 del Trattato di Lisbona in favore di “una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa”. 

A prima vista le recenti decisioni dei governi nazionali non sembrano aver segnato una nuova tappa nel cammino dell’integrazione, quanto piuttosto una mancata spinta in avanti che mal si addice ai tempi movimentati che viviamo.

2 COMMENTI

  1. Carissimo Franco, da qualche tempo i tuoi articoli sulla situazione dell’Unione europea hanno mantenuto un’analisi a 360° ma non hanno presentato quelle considerazioni tra gli interessi della collettività ed il bene comune da una parte e le incongruenze del comportamento di alcuni personaggi della politica e di alcuni partiti politici dall’altra, evidenziate con commenti salaci, che davano un tono di vivacità e di freschezza e tenevano l’attenzione ben desta. Quando ho iniziato a leggere l’articolo per il quale sto scrivendo, ho avuto inizialmente la stessa impressione. Le considerazioni finali invece hanno di nuovo messo in evidena un modo di parlare chiaro, considerazioni motivate e, nelle conclusioni pienamente condivise, un fugace ma incisivo giudizio sulla mancanza di progresso verso un’armonica Uniuone europea. Grazie per il tuo articolo e per tutto quello che fai. Michele Longobardi

    • Ringrazio l’amico Longobardi per l’attenzione con cui segue le attività e il sito diAPICE. Le sue osservazioni sono pertinenti, tenuto conto che si riferiscono a due tipologie di commenti: alcuni di più stretta attualità nazionale, come nella rubrica ‘Contromano’; altri di più ampia dimensione europea, cercando di chiarire per quanto possibile temi complessi e in continua evoluzione nel quadro internazionale, come nel caso degli ‘editoriali’.
      F.C

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